QUANTO È DIFFICILE LAVORARE CON ENERGIA A GAZA. PER UNA DONNA

Intervista a RIMAH JIHAD ATALLAH

Rimah Jihad Atallah Al-Behissi viene da Deir Al-Balah nella Striscia di Gaza. Ha 20 anni ed è single. Ha studiato design, grafica e come tecnico di energia solare presso l’Accademia di formazione di Gaza dove si è laureata nel 2021 con lode. Ha lavorato all’azienda Alfa Hamada durante i suoi studi ed è stata incoraggiata a specializzarsi in energia solare quando le è stata offerta un’opportunità di lavoro temporaneo (per 3 mesi) alla Renewable Power Company. A tutt’altra latitudine, Rimah, come Barbara Mazzolai, è una donna che si occupa di tecnologia applicata all’ecologia. Ed è una donna che fa un mestiere prettamente maschile.

“Quando mi sono iscritta all’università per conseguire il diploma di laurea in tecnico dell’energia solare non ero a conoscenza dei dettagli della specializzazione e delle difficoltà di questo campo e del lavoro, pensai semplicemente che questa sarebbe stata una specializzazione accademica. Quando mi sono accorta delle difficoltà volevo abbandonare, ma è stata proprio mia madre a incoraggiarmi a completare la specializzazione.

Oggi lavoro, anche se per ora temporaneamente, alla Renewable Power Company, dove il lavoro è complesso e presenta molte difficoltà, anche fisiche: tra cui il trasporto di grandi batterie e celle solari, lavorare sul campo, scalare pareti, lavorare nella saldatura, installazione e posa dei cavi, eppure amo il mio lavoro e sogno di continuare in questo ambito nonostante sia esposta a continue critiche da parte della mia comunità, delle persone più vicine e spesso anche dai miei parenti. Ho paura di future possibili pressioni per lasciare questa professione a causa delle tradizioni della società.

Nonostante questo, o forse per questo, sono molto fiera di me stessa: ho già ricevuto richieste di lavoro per riparazione e istallazione di elettricità all’interno di abitazioni dove non ci sono uomini e dove le donnecapo famiglia si sentono più tranquille ad avere me in casa invece che un uomo. La pandemia di Covid-19 mi ha sicuramente complicato la vita: ha ritardato la mia laurea, perché non c’era la possibilità di frequentare il corso online e la maggior parte del mio studio è pratico.

Il coprifuoco notturno durante la pandemia (dalle 18.00) ha avuto un impatto negativo sull’orario di lavoro, poiché quando non riuscivo a concludere il lavoro per quell’ora ero costretta a pernottare da parenti che vivono nella zona in cui lavoro a causa delle difficoltà dei viaggi notturni tra le varie aree. Oggi sono comunque in grado di avere una mia fonte di reddito, sono diventata più fiduciosa e indipendente, sento di non avere più bisogno di nessuno. Inoltre, nonostante le molte critiche, percepisco anche molto rispetto e apprezzamento dalla gente anche di molte donne.

Credo anche che la natura del mio lavoro, specialmente quello a contatto con gli uomini, abbia contribuito a un cambiamento positivo nella percezione dei miei colleghi sul lavoro femminile e sulla sua importanza. Cerco inoltre di incoraggiare sempre donne e ragazze a educarsi, lavorare e intraprendere studi in campi rari, difficili e non sempre convenzionali. Adesso sto pensando di intraprendere un intero progetto sotto la mia supervisione con altre lavoratrici qualificate e di sostenere il cambiamento di alcune tradizioni, oltre che la percezione negativa delle donne lavoratrici radicata ancora nella società.

Nel futuro ho anche voglia di completare i miei studi in tecnologia informatica e ingegneria elettronica e voglio fare affidamento su me stessa anche nei processi di progettazione. Ma al di là di tutti questi sforzi personali, è dalle istituzioni che deve arrivare un aiuto concreto per sostenere lo studio e il lavoro delle donne. E anche per innescare un reale cambiamento sociale. Intanto io continuo a lavorare. Con energia.”

L’intervista a Rimah è stata fatta nell’ambito del progetto di COSPE a Gaza, “Gender Equality in the Economic Sphere”.

QUANTO È DIFFICILE LAVORARE CON ENERGIA A GAZA. PER UNA DONNA
Torna su