Andrés Morte, per un’arte di vita e di lotta

di PAMELA CIONI

Cuba è una delle più grandi potenze culturali

Andrés Morte (Barcellona, 1958) è uno dei più importanti direttori artistici e manager culturali in Spagna e in Italia. Membro di una delle più famose compagnie teatrali mondiali “La Fura dels Baus”, ha diretto il Teatro Pubblico “Mercat de les Flors” di Barcellona e fondato la “Barcelona Film Commission” e la “Barcelona Film Festivals Platform”. Ha lavorato con Robert Redford per il “Sundance Institute” e ha diretto la “Platform of Latino American Screenwriters”. Infine Andrés ha fondato “Fabbrica Europa” con Maurizia Settembri, uno dei festival più importanti d’Italia. Attualmente è docente della Scuola Universitaria di Cinema e Comunicazione Visiva di Barcellona e consulente culturale internazionale e vicepresidente della Fondazione Fabbrica Europa oltre che mentore per diversi programmi culturali per l’Italia, l’Argentina, la Spagna e Hong Kong. Oggi Andrés Morte è partner e animatore del progetto “Juntarte” di COSPE e all’Avana tra l’ottobre e il novembre 2021 ha tenuto un lungo workshop per
rendere concreti e sostenibili alcuni progetti di giovani artisti cubani che partecipano al progetto. Uno di questi progetti sarà selezionato per partecipare nel 2022 al Festival di Fabbrica Europa a Firenze.

Cosa pensi dell’attuale scena artistica cubana?

Posso dire che Cuba con il suo piccolo territorio è una delle più grandi potenze culturali: cinema, danza classica, danza contemporanea, artisti visuali. Fanno cose molto interessanti ma non hanno soldi per venire in Europa o noi non li abbiamo per invitarli a venire qui e questo è un problema per tutti perché io credo molto nello scambio reciproco. Cuba è una potenza culturale e loro possono fare una parte importante per la cultura nel mondo.

Quanto è importante la parte economica dell’industria culturale? Non pensi che sia un aspetto da sempre sottovalutato, almeno nell’immaginario collettivo, per cui la cultura è soprattutto creatività e non motore economico?

Il vero problema è che ad oggi la cultura, almeno in Europa, non è più connessa con il
pubblico, ha perso la propria identità sociale, il proprio ruolo in questo senso e quindi anche a livello economico si continua a chiudere la cultura in un ghetto. Non fa parte, nell’immaginario, della società, come altri lavori. Paradossalmente oggi chi si occupa di ambiente ed ecologia è molto più connesso con la società. Dobbiamo fare una grande riflessione su questo. Ma penso che a Cuba le cose siano diverse e che la cultura abbia mantenuto il suo ruolo sociale e politico.

Quindi secondo te le opere che usciranno dai workshop e dal progetto, con questo taglio di inclusione, parità di genere, Lgbtqia+, di cui a Cuba si parla ancora poco, avranno incidenza sul pubblico e sulle istituzioni.
Credo di sì. Le opere artistiche sono potenti e la cultura cubana è una costante situazione di dialogo. Vorrei dire che se sei un uomo, una donna, un ragazzino, una donna che si sente lesbica è fondamentale non nascondere la propria pulsione. Bisogna creare un ecosistema creativo. Tutti possiamo lavorare e questa inclusione credo che sia fondamentale e che si tratti di un obbligo artistico e democratico. Dobbiamo dire basta a un’arte totalmente maschile. Per me lavorare sull’inclusione vuol dire anche aumentare la tua capacità di dire e di influire come artista e di vedere e sentire come persona e con le tue particolarità, ad esempio come donna. Ricordiamoci che tutto è politico ed è tutto fondamentale per creare un mondo egualitario.

Foto in copertina: Denisse Alejo Rojo

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