IMPEGNATO. UN CARRO IN DIFESA DELL’AMAZZONIA

di ROBERTO DE MEO

Alessandro Avanzini è uno dei più importanti costruttori di carri del Carnevale di Viareggio e il suo carro del 2021, “Amazzonia”, è diventato testimonial della “Campagna AMAzzonia” di COSPE.

Come sei diventato carrrista: per nascita, per scelta o per necessità? Per tutte e tre le cose. Sono entrato nella bottega di famiglia e lì ho imparato il mestiere. Quando nel 2000 mio padre ci ha lasciati, ho raccolto la sua importante eredità in questo settore.

Tuo padre, Silvano Avanzini, è stato una figura importante come costruttore di carri per il Carnevale.

Mio padre ha iniziato a fare il carrista nel 1948: lui voleva fare architettura, aveva un talento naturale per il disegno e la scultura. Dopo il diploma conseguito all’istituto d’arte di Pietrasanta venne chiamato nel Carnevale per una collaborazione come scultore e da quel momento non l’ha più abbandonato.

Cosa significa la professione del carrista? È una forma di espressione artistica o un’impresa economica?

Entrambe, il carro allegorico è un’opera d’ingegno: bisogna riuscire a ottenere grandissimi risultati con pochi mezzi. Occorre un’estrema flessibilità, le competenze richieste sono molteplici, progettuali, artistiche, nonché un grande addestramento manuale. Non siamo veri imprenditori ma comunque ditte artigiane iscritte all’albo.

È anche una forma di impegno e testimonianza civile, una forma di satira?

All’inizio il Carnevale rappresentava una forma di satira di costume e di evasione. Mio padre, nel 1960, con il carro “Carnevale al vertice” introdusse per la prima volta la satira politica tra le tematiche del Carnevale. Questo fu possibile anche grazie al suo grande talento artistico che gli permetteva di riprodurre bene le fisionomie dei politici italiani e internazionali. Quando ho proseguito l’attività senza mio padre, nel 2001, per qualche anno ho continuato con la satira politica, fino al 2006 quando ho vinto il primo premio con il carro “El Matador”.

Negli anni come si è evoluto il tuo lavoro dal punto di vista dei contenuti che vuoi trasmettere?

A un certo punto mi sono stancato dell’eccessiva raffigurazione dei politici nei carri del Carnevale, più che uno strumento critico la satira era divenuta secondo me una espressione di piaggeria, di pubblicità nei confronti di personaggi che da tempo avevano invaso gli spazi della comunicazione soffocandola. Nel 2009 in controtendenza ho realizzato i “Migranti” che introduceva nelle sfilate viareggine tutto un altro registro: non più lo sberleffo, ma la dimensione tragica. Nel 2017 ho ripreso il tema con “Frontiere”, dedicato agli esuli dei conflitti in Siria. Un marchingegno scenografico, che riprendendo i simboli e i contenuti dei nazionalismi europei cercava di porre l’attenzione sul disumano anacronismo del filo spinato.

Pensi che questo tuo modo di interpretare il lavoro ti differenzi o ti accomuni rispetto agli altri tuoi colleghi?

È stato un percorso di consenso ma anche divisivo, sono stato accusato di tradire il carattere della manifestazione. Comunque sia, non ho mai avuto nel mio lavoro un approccio strumentale, rivolto a ottenere il facile consenso degli spettatori: ho sempre cercato di rielaborare ed esprimere valori che sentivo autenticamente e che potessero avere una dimensione pubblica di provocazione e/o condivisione politica.

2021: il carro “Amazzonia” che poi si è legato alla campagna fatta da COSPE: quale è l’importanza di questo tema per te?

“Amazzonia” nasce nell’estate 2020 in periodo Covid ed è stato ispirato anche dagli studi e dalle ricerche di mia moglie brasiliana, Loredana Nelli Dias, che per la sua tesi di laurea in Italia ha ricostruito la storia di un nucleo collezionistico di oggetti etnografici provenienti dall’Amazzonia alla fine del XIX secolo raccolti dal conte Ermanno Stradelli (Borgotaro 1852-Manaus 1926), vissuto in Amazzonia a cavallo tra Ottocento e Novecento. Stradelli è stato un esploratore, geografo, etnografo e scrittore italiano che ha anche tradotto e studiato la lingua Nheengatú. Stradelli, già nel 1885, aveva approfondito la tematica dell’appropriazione delle terre appartenenti ai popoli indigeni (allora erano paragonati ai popoli preistorici e considerati da “civilizzare”). Nella sua visione, nonostante fosse un uomo del suo tempo, in piena era positivista, vi era una vena critica che segnalava le modalità con cui gli occidentali avevano portato avanti le appropriazioni delle terre indigene, utilizzando trattati fasulli e l’uso della violenza. Purtroppo, ancora oggi, nonostante il pensiero occidentale abbia fatto importanti passi avanti per comprendere i popoli tradizionali, la spinta degli interessi economici e politici per i territori indigeni non ha mai smesso di esistere tendendo a mantenere l’ordine coloniale. Attualmente il presidente Bolsonaro sta spingendo per una modifica dei diritti costituzionali sanciti dal Brasile nel 1988 nei confronti dei popoli: a loro infatti verrebbe richiesto di dimostrare la presenza sulle terre da demarcare già nell’anno 1988. Tale limite verrebbe a scartare tutte le richieste dei popoli indigeni che non possono comprovare la loro presenza in questa data. Nei tempi passati molte popolazioni indigene furono aggredite con azioni persecutorie, omicidi, spostamenti di massa, avvenuti soprattutto durante il periodo della dittatura militare. Questa legge dunque nega ogni diritto originario alla terra ed è una grave offesa che Bolsonaro sta facendo a questi popoli: è un attacco alla gente, alla natura e all’ambiente. La campagna COSPE, ong che io conosco tramite il presidente, va in questa direzione e io mi sono offerto molto volentieri come testimonial.

Cosa rappresenta il carro?

Il mio carro vuole testimoniare la lotta che i popoli della foresta stanno facendo per opporsi all’aggressione consentita da Bolsonaro da parte delle multinazionali che con il disboscamento, l’agricoltura intensiva, la zootecnia, l’estrazione mineraria stanno compiendo un’opera di colonizzazione forzata. La struttura del carro è molto semplice: c’è un indio vestito poveramente, con una maglietta, abbracciato a un bradipo, animale selvatico che tende ad avere comportamenti affettivi con la gente della foresta. Dietro di loro, oltre un po’ di verde, c’è la natura devastata, bruciata. Quindi una scenografia molto semplice, basata sulla povertà e sull’emarginazione di queste persone, non una celebrazione folcloristica e modaiola degli indios.

Il Covid cosa ha determinato per te?

Il Covid non ci ha fermato, la volontà della Fondazione del Carnevale è stata di procedere alla manifestazione. Quindi, dopo essere stati fermi da gennaio fino all’estate, abbiamo fatto un Carnevale 2021 fuori calendario, in settembre e ottobre, con tutta una serie di normative di sicurezza. Ha funzionato, siamo sempre vivi.

E dopo il Covid? Quale sarà il tema del tuo carro per il 2022, sarà collegato alla cosiddetta “ripartenza”?

Il 31 ottobre abbiamo presentato il bozzetto del carro per il 2022 e tocca proprio questo tema, frutto anche delle mie riflessioni su quanto sta succedendo in Italia e sul piano internazionale. Il titolo sarà “Dotti, medici e sapienti” e rappresenta un’Italietta malata su un tavolo anatomico, appesantita da una gran torre di cemento sulla testa, circondata da un consulto di cinque personaggi zoomorfi che simboleggiano differenti poteri: un asino (gli accademici), un corvo (la magistratura), un maiale (i capitalisti), una volpe (i politici) e un rospo (i militari). Il riferimento più esplicito è a Pinocchio, passando per Bennato, e vuole essere una satira su tutti i luoghi comuni di questi giorni: la ripartenza, la green economy, per me tutto falso, bisognerà vedere come saranno impiegati davvero i soldi del recovery fund, questa montagna di “zecchini d’oro” in che tasche andrà a finire. Sarà in grado il Paese di riformarsi davvero?

Mi sembra che tu sia molto pessimista al riguardo…

Nella mia esperienza quotidiana non vedo segni di novità, non è cambiato nulla, stiamo usando strumenti vecchi. Ma questi, forse, sono i dubbi di un personaggio ormai legato al Novecento.

 CAMPAGNA AMAZZONIA
Nel solo mese di settembre l’Amazzonia ha perso ogni giorno un’area pari a oltre 4mila campi da calcio, più di 1.220 km². È il dato peggiore degli ultimi dieci anni. A causa di incendi e deforestazione, ogni anno il Pianeta cede un pezzo del proprio «polmone verde» per far posto a coltivazioni di soia e allevamenti di bestiame, ma anche impianti minerari e pozzi per l’estrazione d’idrocarburi. Una caccia al tesoro che non si è fermata neanche difronte alla pandemia. E il contagio si è diffuso rapidamente tra le popolazioni indigene e le altre comunità che abitano e custodiscono il bacino amazzonico, minacciandone la sopravvivenza stessa. Per sostenere i “custodi” della foresta, COSPE ha lancia la campagna di sensibilizzazione e raccolta fondi “AMAzzonia” con l’obiettivo di dare voce a chi non ne ha e realizzare progetti concreti di tutela e difesa ambientale. Tre in particolare i Paesi dove realizzerà progetti a favore di popolazioni indigene e comunità locali. In Brasile, nella riserva estrattivista Chico Mendes, dove circa 3.500 famiglie vivono dell’estrazione tradizionale di castagna, caucciù e açai e lottano contro la deforestazione. In Colombia, nel Putumayo, dove la comunità Ukumari Khanke è proprietaria di una riserva naturale di cui si prende cura. Infine in Bolivia, nel municipio di Riberalta, COSPE sosterrà l’Associazione Giovani Riforestatori in Azione (Ajora) in progetti di riforestazione e produzioni locali (miele, noce, cacao). 

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