La Corte Internazionale di Giustizia (Cig) con sede all’Aja è il massimo organo giudiziario dell’Onu, con competenza a dirimere le controversie tra Stati. Le sentenze e le ordinanze emesse dalla Corte sono vincolanti per le parti in causa. È proprio di fronte alla Cig che il 29 dicembre 2023 il Sudafrica ha chiamato in causa Israele per atti compiuti nel contesto delle operazioni militari condotte nella striscia di Gaza in reazione agli attacchi di Hamas sul territorio israeliano del 7 ottobre 2023. Le condotte contestate a Israele sono qualificate nel ricorso come potenziali violazioni della Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio del 1948. Non è la prima volta che la Cig affronta una controversia tra Stati relativa alla violazione della Convenzione sul genocidio; tra le varie dispute, due sono ancora pendenti (Gambia c. Myanmar e Ucraina c. Russia). Tra i casi giunti a sentenza, il più importante è quello che ha visto contrapposte la Bosnia-Erzegovina e la Serbia, conclusosi nel 2007 con la condanna di quest’ultima per mancata prevenzione del genocidio di Srebrenica.
Il Sudafrica contesta a Israele atti che potenzialmente rientrano tra le condotte proibite dalla Convenzione del 1948. Nel ricorso vengono descritti, sulla base dei rapporti delle agenzie umanitarie dell’Onu e del Comitato internazionale della Croce Rossa, i numerosi attacchi che hanno causato un altissimo numero di civili palestinesi uccisi (oltre 30.000 in sei mesi, tra i quali moltissimi bambini), ci si sofferma sulle condizioni di vita in cui è costretta la popolazione di Gaza, che vengono descritte come volte a causare la distruzione dei palestinesi di Gaza come gruppo, tra cui: espulsioni e trasferimenti di massa, distruzione su larga scala di case e aree residenziali, privazione di cibo, acqua e cure mediche adeguate e altre ancora. Il Sudafrica ritiene che tali condotte contestate siano accompagnate da intento genocidario, come richiesto dalla Convenzione: la definizione del crimine di genocidio, oltre ad elencare le condotte proibite, richiede che siano commesse con l’intenzione di distruggere in tutto o in parte un determinato gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso in quanto tale. Per sostenere questo intento, il Sudafrica ha raccolto decine di dichiarazioni di organi di Stato dai vertici dello Stato, fino ai militari israeliani sul campo, nelle quali si deumanizzano i palestinesi e si afferma di volerli annientare e di volerli eliminare da Gaza. Nel ricorso il Sudafrica ha sostenuto che i comportamenti messi in atto da organi israeliani configurano anche la violazione dell’obbligo di prevenire atti di genocidio, la violazione delle norme che vietano la cospirazione per commettere genocidio, l’incitamento diretto e pubblico a commettere genocidio, il tentativo di compiere il genocidio, la complicità nel genocidio: si contesta altresì la mancata punizione degli individui implicati in questi crimini e gli ostacoli posti a indagini indipendenti e imparziali. Proprio alla luce della catastrofe umanitaria in corso, il Sudafrica ha chiesto alla Cig di far adottare una serie di misure cautelari che vanno dalla cessazione delle operazioni militari alla garanzia di forniture adeguate di aiuti umanitari.
Vista l’urgenza e la gravità della situazione e alla luce della plausibilità delle contestazioni del Sudafrica e del rischio incombente di violazione della Convenzione, la Cig ha ordinato a Israele una lunga serie di misure cautelari (26 gennaio 2024). Tra le misure adottate dalla Corte non vi è la richiesta di cessazione delle operazioni militari, aspetto molto criticato, ma non sorprendente. La Cig è competente soltanto a dirimere la controversia tra i due Stati. Hamas è parte nel conflitto, ma non parte della Convenzione sul genocidio e di questa disputa giuridica e i giudici non hanno voluto adottare una misura di cessazione delle operazioni militari diretta a una sola delle parti in conflitto. Ciò nonostante, leggendo le misure che sono state ordinate, si capisce che la Corte ha tracciato la strada verso la sospensione delle operazioni militari. La Cig impone a Israele di adottare tutte le misure in suo potere per evitare il rischio di genocidio, gli impone anche di assicurarsi che le sue forze militari non stiano compiendo nessuno degli atti vietati dalla Convenzione, intima a Israele di prevenire gli atti di genocidio e di punire coloro che incitano al genocidio contro i palestinesi nella striscia di Gaza. I giudici inoltre impongono a Israele di adottare misure immediate ed efficaci per garantire la fornitura degli aiuti umanitari e per rispondere alla necessità primarie e sanitarie dei palestinesi di Gaza e ordinano a Israele di garantire la conservazione delle prove di eventuali atti di genocidio.
Nel periodo seguente l’ordinanza, la situazione a Gaza si è ulteriormente aggravata. Israele ha presentato, come richiesto dalla Cig, un rapporto sull’attuazione delle misure, il cui contenuto resta riservato. Tuttavia, dalla situazione in rapido deterioramento risulta evidente che Israele non sta rispettando le misure ordinate dalla Corte, tanto che, su richiesta del Sudafrica, è stata emessa il 28 marzo una nuova ordinanza cautelare, dalla quale emerge chiaramente (anche se non esplicitamente) che l’unica strada per arginare la catastrofe umanitaria, che ormai sta conducendo alla morte per fame decine di bambini, è quella di una sospensione delle operazioni militari. La Cig a questo punto può fare poco altro; l’organo che potrebbe imporre il rispetto delle misure decise dalla Corte è il Consiglio di sicurezza dell’Onu, che dopo molti mesi è riuscito solo ad adottare una risoluzione sul cessate il fuoco, ma non ha decretato sanzioni volte a garantire il cessate il fuoco e la protezione della popolazione civile di Gaza. Gli Stati potrebbero d’altronde procedere in via unilaterale a decretare un embargo sulle armi e altre sanzioni economiche nei confronti di Israele, come è stato fatto nei confronti della Russia a seguito dell’aggressione dell’Ucraina.
Nonostante l’inefficacia delle misure in mancanza della volontà politica della comunità internazionale di sostenerle adeguatamente, l’importanza di queste ordinanze della Cig va sottolineata e il suo mancato rispetto da parte di Israele potrebbe giocare un ruolo nella decisione finale. Si tratta della prima volta che Israele viene richiamato all’obbligo di rispettare alcuni principi fondamentali del diritto internazionale da parte di un tribunale internazionale. Assai significativo inoltre che il ricorso sia stato presentato non dalla parte direttamente lesa, la Palestina, ma da uno Stato terzo rispetto a quanto sta avvenendo a Gaza. Questo è possibile perché la Convenzione sul genocidio contiene norme che tutelano valori fondamentali per la comunità internazionale (si parla di norme imperative) e ogni sua violazione dà titolo a tutti gli Stati parte al trattato di lamentarne la violazione di fronte alla Cig (in base all’art. IX). Ogni Stato ha un interesse giuridico a che la Convenzione non sia violata, a che non si commetta un genocidio in nessun caso e ogni Stato che ha sottoscritto la Convenzione ha l’obbligo di prevenire atti di genocidio e di non essere complice in atti di genocidio. In altre parole, ogni Stato membro della Convenzione sul genocidio, inclusa l’Italia, alla luce del rischio paventato dalla Cig e in virtù delle misure indicate, dovrebbe far pressione su Israele perché faccia tutto quanto in suo potere per evitare il genocidio dei palestinesi di Gaza. Se è vero che le ordinanze sono vincolanti soltanto per le due parti della controversia, è vero anche che ogni sostegno dato da altri Stati a Israele, in particolare dopo le ordinanze, potrebbe configurarsi come violazione dell’obbligo di mancata prevenzione del genocidio. In casi di sostegno particolarmente significativo, ad esempio attraverso la fornitura di armi, gli Stati terzi si esporrebbero anche ad essere accusati di complicità in atti di genocidio. Proprio per evitare uno scenario di questo tipo, un tribunale olandese ha decretato il blocco della fornitura a Israele di componenti per gli F-35. E sempre per lo stesso motivo che, dopo un iniziale sospensione dei finanziamenti a Unrwa (United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East, che svolge un ruolo chiave nel garantire la distribuzione di aiuti umanitari a Gaza ndr), dopo le accuse mosse da Israele di un suo coinvolgimento negli attacchi del 7 ottobre, molti paesi – ma non l’Italia – hanno ricominciato a versare finanziamenti all’organizzazione per facilitare la fornitura di aiuti umanitari a Gaza, anche per non violare il proprio obbligo di prevenire atti di genocidio.
Anche la Corte penale internazionale (Cpi, sempre con sede all’Aja), competente a esercitare la propria giurisdizione su aggressione, crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidio commessi da individui, sta conducendo indagini sui reati compiuti nei territori palestinesi occupati. Le indagini sono aperte già dal 2021 e riguardano anche quanto sta accadendo a Gaza; tuttavia, gli investigatori non hanno il permesso di entrare nella Striscia, cosa che rende difficile condurre indagini accurate e raccogliere elementi di prova. Anche in questo caso, sarebbe estremamente importante che altri Stati che hanno sottoscritto lo Statuto della Cpi esprimessero il loro supporto alle indagini in corso tramite un rinvio della situazione, come hanno fatto già 7 Stati, e attraverso un adeguato sostegno finanziario, come accaduto all’indomani dell’aggressione dell’Ucraina da parte della Russia..
Micaela Frulli è docente di diritto internazionale del Dipartimento di Scienze Giuridiche all’Università di Firenze. L’articolo è stato scritto nell’aprile 2024.