Italia: una legge contro l’omofobia e la transfobia

Arriva un testo contro chi discrimina in base all’orientamento sessuale. Non senza polemiche

Nelle ultime settimane di luglio è stata discussa in Parlamento una proposta di legge che molti movimenti per i diritti della comunità Lgbtqi in Italia stavano aspettando da tempo: un provvedimento legislativo per punire episodi di violenze con la discriminante di genere e orientamento sessuale, e per punire ogni forma di omotransfobia. Per una riflessione sulla legge e su eventuali episodi di discriminazioni o violenze che si possano essere verificati durante il lockdown di Covid-19, abbiamo raggiunto telefonicamente Vincenzo Miri, da poco più di un mese il nuovo presidente della Rete Lenford, che dal 2007 mette insieme decine di avvocati che si battono in sedi giudiziarie contro la discriminazione per orientamento sessuale e identità di genere con attività di prevenzione, tutela giuridica e promozione. 

 

Qual è il vostro contributo in termini di advocacy al progetto di legge in votazione in Parlamento? 

Tutte le istanze saranno sintetizzate in un testo unico, a cui anche noi abbiamo contribuito con commenti e revisioni, che interviene sui reati di istigazione a commettere atti discriminatori o violenti e sul compimento di quei medesimi atti per condotte motivate dal genere, dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere. La nuova legge, in sostanza, vuole estendere alle manifestazioni d’odio fondate sull’omofobia e sulla transfobia i reati già previsti nel codice penale. L’estensione riguarderà però solo l’istigazione a delinquere e gli atti di violenza e non la propaganda. 

 

Oltre ai rilievi fatti dalla Cei, ci sono già alcune polemiche delle destre che sostengono che una legge come questa non serve ed è liberticida. 

Sono polemiche pretestuose e frutto di un atteggiamento miope, di chi non vuol vedere le continue violazioni dei diritti e violenze che molte persone subiscono quotidianamente per il solo fatto di esprimere il proprio orientamento sessuale senza censure. La legge è un buon punto di partenza per ottenere giustizia sociale per tutti: perché non ci sono categorie o persone più o meno colpite, quando ci sono più diritti che tutelano, c’è beneficio per tutta la comunità. 

 

Durante la pandemia avete riscontrato, attraverso il vostro servizio di segnalazione Sos, casi di violazioni o vere e proprie violenze dovute a situazioni familiari difficili o di convivenza coatta? 

Abbiamo ricevuto numerose segnalazioni certo, ragazzi e ragazze che magari ancora non hanno affrontato il coming out in famiglia, e che si sono dovute interfacciare 24 ore su 24 con familiari che magari hanno un approccio fortemente conservatore sulle questioni di orientamento sessuale. E chiaramente l’isolamento indebolisce una rivendicazione che è forte nel momento in cui è collettiva, condivisa e per tutti. Inoltre abbiamo avuto anche molte segnalazioni di interpretazioni giuridiche dei Dpcm in vigore: chi poteva considerarsi congiunto o affetto stabile, ad esempio il caso di madri che non sapevano se potevano andare a visitare il figlio in altro domicilio o se nel caso di affidi, dovessero portarsi con sé la lettera del tribunale che annunciava la sentenza. Insomma spesso situazioni complesse che la sola definizione di congiunti o affetti stabili non chiariva, lasciando le persone in balia degli eventi e nell’incertezza.

 

di Jonathan Ferramola

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