Testimonianza di YOAMARIS NEPTUNO DOMÍNGUEZ, insegnante di teatro, comunicatrice e attivista sociale
Quali caratteristiche ti definiscono?
Sono giovane, nera, cubana. L’esempio dei miei genitori mi ispira a fare di ogni giorno della mia vita un tentativo di essere più utile e lasciare un seme attraverso le mie azioni. Ho avuto l’opportunità di formarmi come insegnante di teatro 15 anni fa e avvicinarmi a diversi gruppi di popolazione, questo mi ha permesso di capire che il mio lavoro non può ridursi al puro e semplice insegnamento, ma deve trasmettere fondamentalmente il calore della relazione umana, dare aiuto e far scaturire una riflessione. Nella mia formazione ho imparato a costruire collettivamente proposte che cercano di stimolare la creatività sociale senza stabilire un modello specifico, nel rispetto di quel soggetto sociale protagonista, padrone del proprio destino. Ritengo che il teatro sia una forma ricca e potente di espressione creativa dell’essere umano, che stimola la sensibilità e l’emozione grazie alla partecipazione e all’integrazione di gruppo. In questo modo è possibile contribuire al miglioramento della vita delle persone, usando l’arte come mezzo e non come fine. Sento che è necessario rafforzare l’interesse dei giovani artisti ad apprendere pratiche, tecniche e contenuti innovativi per applicarli nei processi di creazione artistica. Il progetto “Juntarte” è un’opportunità perché giovani diversi in tutti i sensi si riuniscano per fare formazione e dare luogo a scambi di esperienze cubane e straniere a partire da pratiche sceniche in cui vengono testate varie tecniche e tendenze. “Juntarte”, secondo me, dovrebbe essere visto come uno spazio che rifletta la vera equità, uno spazio in cui i giovani come me si sentono rappresentati a prescindere dalle “differenze”. Il progetto diventa un contributo per realizzare le mie aspirazioni. Cerco di sensibilizzare la popolazione integrando le mie conoscenze in materia di comunicazione, educazione popolare, gestione di progetti e processi relativi a questioni come l’equità sociale, l’inclusione, la violenza in tutti i suoi tipi e la diversità sessuale.
Come pensi che si posa raggiungere l’equità sociale attraverso le arti performative?
Può sembrare ambizioso avere l’obiettivo di raggiungere una società più equa attraverso le arti dello spettacolo, dando valore e promuovendo il pieno accesso alle persone con disabilità, promuovendo la collaborazione, la partecipazione e la coesione per rafforzare le capacità delle donne, dei gruppi vulnerabili e delle minoranze. Però questa è la sfida. Purtroppo le donne sono discriminate, prima di tutto per essere donne, ma anche per colore della pelle, etnia, classe sociale, religione o orientamento sessuale. Io non ho subito direttamente alcun atto di discriminazione razziale (o almeno non me ne sono accorta). Mi sento una donna privilegiata, che ha saputo crescere professionalmente, con lavori stabili, ma non smetto di pensare che ci siano tante diverse soggettività e tante storie di esclusione da prendere in considerazione. Credo che non sia stato possibile avere una maggiore consapevolezza su questo tema e dobbiamo lavorare per trasformare il razzismo in qualcosa che viene denunciato, condannato e affrontato intenzionalmente, essendo coerenti e rigorosi. Anche questo vuol dire rompere con il paradigma dominante.
Come attivista sociale, quale concezione del lavoro di comunità difendi?
Parlare del lavoro socio-culturale comunitario a Cuba significa riconoscere lo sviluppo di processi creativi, artistici, di prevenzione sociale e di protezione dell’ambiente, portato avanti da istruttori d’arte, promotori culturali, leader di comunità e altri attori sociali coinvolti e impegnati nelle trasformazioni che sono visibili oggi nelle comunità rurali e urbane del Paese. Nel corso della mia esperienza in questo campo, mi sono proposta di vivere i processi più che il risultato stesso. A volte ci dimentichiamo che un buon progetto dovrebbe avere altri tipi di risultati, meno “concreti” o tangibili, ma di uguale o maggiore importanza: l’“imparare a fare” e, soprattutto, “imparare a imparare”, per esempio. Anche il percorso attraverso il quale si raggiunge questo risultato è molto importante. Se lungo questo percorso i partecipanti si pongono domande, danno priorità, cercano informazioni, analizzano, valutano la risoluzione dei conflitti e la rimozione degli ostacoli, poi i risultati del progetto consentono una maggiore capacità delle comunità locali di ripensare e prendere decisioni con crescente autonomia. L’uso dell’arte è un denominatore comune tra le iniziative che promuovono l’attenzione ai gruppi vulnerabili in un’ottica di equità e giustizia sociale, la valorizzazione dell’identità delle comunità, il recupero della memoria storica e la salvaguardia del loro patrimonio culturale. È una costante per influenzare la trasformazione della comunità.
Foto copertina: Denisse Aleje Rojo