Se settanta anni vi sembrano pochi…

— Dalla Dichiarazione Onu ad oggi, il bilancio sui diritti umani è sconfortante.

A 70 anni dalla Dichiarazione universale dei diritti umani, quel meraviglioso documento adottato dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948, il quadro complessivo della situazione dei diritti umani nel mondo è sconfortante. Per la maggioranza degli abitanti del pianeta i 30 articoli della Dichiarazione rimangono una chimera.
Diritti elementari quali quelli al cibo, alla salute, all’istruzione, al lavoro sono sistematicamente negati. Così pure lo è quello – il diritto alla libertà di movimento – che riguarda decine di milioni di persone nel mondo, sradicate dalle loro terre a causa della guerra e della fame (che non è un motivo meno impellente di fuga delle bombe che piovono dal cielo).
Quegli attori della comunità internazionale che dovrebbero assicurare pace e sicurezza, che sono le basi di quei 30 articoli, stanno condannando sempre di più se stessi a un ruolo d’irrilevanza se non di attiva complicità: quattro stati membri permanenti del Consiglio di sicurezza sono ampiamente coinvolti nel conflitto in Siria, il quinto (la Cina) spalleggia la Russia nell’applicazione del diritto di veto. Nel suo “piccolo”, l’Italia ha alimentato la crisi umanitaria e dei diritti umani nello Yemen inviando bombe alla coalizione a guida saudita.
Ovunque sembra prevalere la retorica dello scontro, del “noi contro loro”. Additare il nemico nei momenti di crisi è una vecchia tattica e la Storia ce ne ha fornito prove orribili. Ma ancora si persevera, come se quella tattica fosse l’unico mezzo per assicurarsi il potere e per mantenerlo.
La notizia positiva è che sempre più persone, da sole o organizzate in gruppi di società civile, sentono l’esigenza di mettersi di traverso, di non stare a guardare, di non limitarsi a mettere cuoricini a ciò in cui s’imbattono online.
La notizia negativa è che queste persone danno fastidio: ne sono la sempre più drammatica prova i difensori dei diritti umani e i giornalisti assassinati così come la denigrazione e la criminalizzazione delle Ong e delle persone, con ruolo istituzionale o meno, impegnate nell’accoglienza.

di Riccardo Noury
Portavoce di Amnesty International Italia

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