Diritti umani al centro

Questo numero di Babel esce nel 20simo anniversario della Dichiarazione delle Nazioni Unite sui difensori dei diritti umani e nel 70esimo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, a conclusione di un anno tragico, il 2017, in cui almeno 312 difensori dei diritti umani sono stati uccisi, il doppio che nel 2015, con quasi totale impunita di chi ha commesso i crimini.

Tuttavia che ci fosse la necessità di sostenere processi di cambiamento secondo un approccio ai diritti umani non è stata una conclusione scontata nel mondo della cooperazione internazionale. Per decenni infatti è stata dominata soprattutto da modelli economicisti (ma anche emergenziali e assistenzialisti) dello sviluppo, in cui i diritti umani sono stati politicizzati nel quadro della Guerra Fredda e contrapposti ai diritti economici e sociali. Per COSPE in realtà la palestra in cui ha esercitato questo approccio orientato ai diritti umani è stato inizialmente il lavoro in Italia sulle questioni migratorie e legate alla costruzione di una società multiculturale che, in maniera piuttosto pioneristica, è stato portato avanti fin dagli anni 80. Temi questi, oggi più che mai, rimangono purtroppo attuali e anzi sempre più necessari.

Nel perseguire le strade della cooperazione invece un approccio ai diritti umani è andato crescendo e maturando nella nostra organizzazione insieme con le riflessioni internazionali che hanno condiviso l’inefficacia dei modelli di cooperazione prettamente economica, una riflessione avviata all’inizio degli anni ’90 in sede Nazioni Unite e poi adottata anche in altre sedi internazionali, portando ad una gigantesca riforma di tutto il sistema della cooperazione.

Applicare un approccio sui diritti umani alla cooperazione internazionale allo sviluppo, non significa cambiare ciò che si fa, ma comporta sicuramente un cambiamento nel modo in cui lo si fa. Significa lavorare sulle cause profonde che impediscono lo sviluppo, traslando i bisogni in diritti e rafforzando la capacità dei titolari di questi diritti di reclamarli e quella dello stato di darvi risposte, in termini di riconoscimento, protezione e di possibilità di esercizio.

Per COSPE, che nella sua azione di cooperazione internazionale ha da sempre messo al centro il sostegno alla società civile nelle sue più ampie espressioni (movimenti sociali, gruppi informali, comunità rurali e indigene, ong, associazioni, sindacati etc..) e che da sempre ha cercato di mettere a nudo le cause degli squilibri, non si è trattato di un cambio di paradigma, ma di un complemento alle azioni da sempre portate avanti. Ha voluto dire affinare l’analisi politica e le chiavi di lettura dei vari contesti, ampliare la sfera delle alleanze, integrare le proprie azioni nei meccanismi nazionali e internazionali di monitoraggio dei diritti umani, portare avanti denunce, rapporti ombra e potenziare le proprie capacità di lobbying e advocacy. E i tanti esempi che sono qui illustrati testimoniano che il forte valore aggiunto che COSPE può portare tra i soggetti impegnati nella difesa e promozione dei diritti umani, è proprio quello di combinare le azioni a difesa dei diritti umani con quei processi di lungo periodo legati al cambiamento delle cause profonde delle violazioni, discriminazioni e ingiustizie, dando voce a tutti e tutte coloro che lottano, chiedono, difendono, un mondo più giusto.

di Federica Masi
Rappresentante Africa Australe COSPE

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