LE PROMESSE DI LULA AL COP27

di LUCIA CAPUZZI

“Nel 2025 voglio la COP 30 in una città amazzonica”

 L’Amazzonia è stata tra i protagonisti della Conferenza Onu sul cambiamento climatico (Cop27) che si è svolta a Sharm el-Sheikh tra il 6 e il 20 novembre 2022. La foresta più grande del pianeta svolge una funzione essenziale nel contenere l’aumento delle temperature grazie all’assorbimento della CO2 da parte dei suoi alberi. È impossibile, dunque, parlare di riscaldamento globale senza tirarla in ballo. Stavolta, però, l’enorme bacino del Rio delle Amazzoni è stata addirittura al centro della ribalta globale. A catapultarla sotto i riflettori è stato Luiz Inácio Lula da Silva, stella del summit al quale è stato invitato come osservatore dalla delegazione amazzonica prima dell’entrata in carica, in programma il primo gennaio. Ufficialmente Lula si è presentato come osservatore: la presidenza egiziana e la folla di partecipanti all’incontro gli hanno tributato gli onori di un leader mondiale. E quest’ultimo non ha tradito le attese. Il suo primo discorso internazionale si è svolto nel padiglione amazzonico e tra gli ospiti d’onore c’erano i più noti rappresentanti indigeni brasiliani. Il primo gesto presidenziale, dunque, Lula l’ha rivolto alla foresta, annunciando la creazione di un ministero ad hoc per i popoli originari e la candidatura come Paese ospite della Cop30, prevista nel 2025. “Vorrei che si svolgesse in una città amazzonica, così che i negoziatori possano conoscere questa realtà tanto importante per il pianeta”, ha sottolineato, scatenando la gioia dei nativi che hanno improvvisato una danza nel corridoio del centro congressi. La mossa è stata doppiamente simbolica. Il cammino dei summit climatici tornerebbe al punto di partenza, dato che fu proprio la Conferenza di Rio del 1992 a dare il via alle Cop. L’offerta di Lula, inoltre, è il contraltare del rifiuto di Jair Bolsonaro ad accogliere, nel 2019, l’iniziativa, approdata alla fine a Madrid. Non poteva essere più palese la discontinuità con l’attuale leader, la cui retorica anti-indigena, la pretesa di sfruttare le risorse della selva nonché la sfiducia nelle prove scientifiche del riscaldamento globale hanno creato non poche frizioni con il resto della comunità internazionale. La “carta” Amazzonia e clima sono, ora, per il Brasile di Lula il lasciapassare nel consesso dei protagonisti globali. Per questo, nel discorso di fronte alla platea convocata dalla presidenza egiziana, poi, il neoeletto ha parlato come voce del Sud geopolitico. “La lotta al cambiamento climatico sarà al centro del mio governo”, ha promesso, fra gli applausi, perché è la base “per costruire un ordine internazionale più pacifico, giusto e solidale”. “Non ci sono due pianeti terra. Siamo un’unica specie, chiamata umanità”. Pertanto, “sul clima è necessaria una governance globale”, “non sono qui per rifare quel che ho già fatto. Ma per fare molto di più”, ha concluso. Con il Brasile di Lula, sembra anche tornato il sogno di un’alleanza del Sud capace di contare sul tavolo globale. La sfida ora è tradurla nello scenario internazionale.

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