Intervista a MARIAMA SOUANE di REDAZIONE
“Mia figlia non sopporta che guardi le partite invece che i cartoni animati”
Sédhiou, è una cittadina quasi frontaliera, a pochi chilometri dalla Guinea Bissau da un lato e dal Gambia dall’altro. Si trova al centro della regione della Casamance, a sud del Senegal, in una posizione strategica per il commercio. Il via vai dei camion carichi di frutta, prodotta nella regione, e destinata principalmente alle regioni del nord ma anche ai paesi vicini, è un connotato, rumoroso ma vitale di questa località. Adesso le misure di distanziamento richieste dal Covid-19 hanno ridotto drasticamente sia i trasporti locali, dove i minibus colorati si muovevano di solito strapieni con persone penzolanti aggrappate alle porte, sia il traffico commerciale, il cui calo è dovuto principalmente alla chiusura delle frontiere. La città ha di colpo cambiato volto: le strade polverose sono semideserte e un silenzio irreale cala con il coprifuoco. Molto reali purtroppo le conseguenze economiche e sociali per la popolazione, soprattutto la più vulnerabile.
“Chi vive alla giornata portando 1000- 2000 franchi a casa adesso non può comprare neppure il riso da portare a casa” racconta Mariama Souane, giornalista locale e animatrice del progetto “Essere Donna” che COSPE sta realizzando nella regione.
“Ho esperienza di campagne di informazione sulla salute e nell’ambito del progetto con COSPE le sto mettendo ora a frutto per sensibilizzare soprattutto le fasce più vulnerabili della popolazione”. Le donne sono state sicuramente le più colpite da questa situazione. Molte di loro sono venditrici ambulanti e attraverso il piccolo commercio sostengono il nutrimento della famiglia e l’educazione dei bambini.
Nata e cresciuta a Sèdhiou, Mariama finisce i suoi studi a Dakar. È lì che si appassiona alla letteratura e alla lettura. Legge molti romanzi, soprattutto francesi, migliorando sempre di più la padronanza della lingua e lanciandosi anche alla conoscenza di altre. L’amore per i libri la distrae però da materie più “terrene” come la matematica e altre così non riesce a prendere il Bac, l’equivalente della nostra maturità. “Ero molto scoraggiata e quindi ho deciso di tornare a Sédhiou. Qui ho iniziato il lavoro per una Ong di animazione territoriale e di informazione sanitaria soprattutto per le donne”.
Poi un’amica le segnala un corso per giornalisti radiofonici proprio nella regione. Frequenta con passione e insieme a poche altre ragazze, per approdare a 21 anni ad uno stage presso una radio comunitaria. “Il primo programma che ho realizzato e condotto si chiamava “Alla scoperta della mia regione”. Ho imparato molto da questa prima esperienza e mi stupiva accorgermi che le persone avevano iniziato anche a conoscere la mia voce”.
Mariama si appassiona al giornalismo e a quello radiofonico in particolare. Propone e realizza altri programmi tra cui un ciclo di trasmissioni di informazione su temi socio-sanitari, realizzato in collaborazione con “Medicus du Mundo”, avendo sempre un’attenzione particolare alle donne e ai loro bisogni e diritti. Una passione e un attivismo che non passano inosservati. A 24 anni Rts, la radio nazionale senegalese le chiede di partecipare a una selezione per diventare corrispondente per la regione. Non solo vince la selezione, ma addirittura il periodo le riserva un’altra sorpresa.
“Quasi da subito mi è stato proposto di seguire lo sport e non ho esitato a dire di sì perché amo le sfide e mi incuriosiva misurarmi in un ambito nuovo” Mariama diventa la prima giornalista sportiva donna della regione. Inizia a seguire con passione il campionato regionale di calcio, ma anche molti altri avvenimenti sportivi, andando a fare dirette e servizi. “In effetti le prime volte che andavo sui campi di calcio a seguire per la radio le partite gli uomini dagli spalti, gli allenatori e i giocatori mi guardavano strano e mi chiedevano cosa ci facevo là. Adesso mi conoscono e mi apprezzano. A volte adesso mi chiamano e mi chiedono perché non sono io a seguire quel match”. Culturalmente non è stato facile per Mariama essere accettata per un lavoro diverso da quello domestico o altri più tradizionali. Anche la mobilità ridotta per le donne e soprattutto per le donne che si muovono da sole è stato un’altra difficoltà da affrontare.
“Mio padre mi ha sempre sostenuto. All’inizio mi dava anche dei soldi per pagarmi il trasporto e raggiungere i campi di calcio. Adesso mi chiede, ci confrontiamo. Mi prepara sempre dell’acqua, qualcosa da mangiare prima che parta per seguire una partita in trasferta e mi dice “Bevi tanta acqua, concentrati e goditi questa partita. Per mia figlia di 9 anni invece è tuttora più difficile. Non sopporta quando mi metto a guardare le partite invece dei cartoni animati! Finisco sempre per guardare le partite sul cellulare o sul pc…”. Inoltre c’è un problema di considerazione sociale: andare sui campi da gioco con tutti uomini non è ben visto. “Ma io mi metto a prendere appunti per i miei articoli e servizi, registro interviste e vado avanti a testa alta, sapendo di dover fare bene il mio lavoro e che per questo sarò giudicata”.
In Senegal, come in quasi tutti i paesi del mondo, il campionato di calcio è stato a lungo sospeso, per cui Mariama è stata costretta a fare altro. “Lo so ci sono molte altre emergenze a cui pensare oggi. E io cerco di fare la mia parte lavorando sul progetto di COSPE, ma devo dire che i campi di calcio mi mancano. Mi piace molto il calcio perché è pieno di suspense. All’inizio lo seguivo più distaccata ma poi mi sono sempre di più appassionata. E poi lo spirito di squadra, l’atmosfera del pre e post partita…poterlo vivere da vicino è davvero emozionante”.
“Adesso abbiamo un’altra partita da giocare e non solo in Senegal ma a livello mondiale. Una volta sconfitta e superata la pandemia riprenderò le mie cuffie e il mio registratore e non vedo l’ora di gridare ancora: gol! Da bordo campo”.
ESSERE DONNA
COSPE lavora in Senegal, nella regione di Sèdihou, sulla tematica di genere con il progetto “Essere donna”. La condizione femminile in Senegal infatti è ancora una sfida a causa di una forte cultura patriarcale. La salute non è ancora un diritto per tutti ma soprattutto non è un diritto per le donne e le ragazze. Sono numerosi i problemi legati alla salute sessuale e riproduttiva e hanno a che fare con la mortalità materno-infantile, le gravidanze precoci indesiderate, la diffusione di malattie trasmissibili e non. A questo si aggiungono pratiche diffuse di mutilazioni genitali, matrimoni precoci e violenze spesso giustificate dalla tradizione. Il progetto “Essere Donna”, finanziato dall’Aics, intende migliorare la salute sessuale e riproduttiva
delle donne e sostenerle nell’esercizio dei loro diritti. L’obiettivo è dare alle donne una voce sui propri diritti sessuali e riproduttivi, sia a casa che nelle istituzioni, perché possano decidere con consapevolezza e abbiano accesso a migliori servizi di salute sessuale del proprio territorio.