GENIALE. SCIENZIATA E VISIONARIA: “I ROBOT BIOISPIRATI SALVERANNO IL MONDO”

Barbara Mazzolai

Di ROBERTO DE MEO

“Penso (e spero) che le donne abbiano una maggiore capacità di pensare al pianeta come un tutt’uno”

Barbara Mazzolai, biologa con dottorato in Ingegneria dei Microsistemi, è Associate Director per l’Area Robotica e Direttrice del Laboratorio di Robotica Bioispirata dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova. Sua è la visione, per la quale ha ottenuto importanti riconoscimenti, della robotica bioispirata, cioè della realizzazione di robot costruiti sulla base di modelli vegetali che per operare imitano le funzioni delle piante.

Salvare il mondo: professoressa Mazzolai, da dove cominciamo, quali sono i maggiori problemi del nostro pianeta?

Io vedo nello sfruttamento indiscriminato delle risorse del pianeta, nell’alterazione degli ecosistemi e nella perdita della biodiversità il nucleo dei principali problemi da affrontare. Osservando anche la situazione presente, della pandemia che ci sta colpendo, questa è stata originata da un salto di specie (spillover in gergo tecnico), ovvero dal passaggio del virus dagli animali all’uomo come conseguenza non voluta di azioni umane legate all’alterazione degli ecosistemi naturali (la deforestazione, l’aumento del terreno agricolo, la caccia alla fauna selvatica, solo per fare qualche esempio). Ma per affrontare questi problemi bisogna fare molta attenzione e avere una visione a 360 gradi anche delle soluzioni che vengono proposte. Spesso soluzioni che sembrano venire incontro alle esigenze di maggior equilibrio ecologico o minor impatto ambientale sono il punto terminale di una filiera che è basata sullo sfruttamento di risorse naturali o sull’alterazione dell’equilibrio ambientale, e quindi questo è solo uno spostamento del problema. Alcuni esempi:  le batterie che alimentano le auto elettriche utilizzano minerali che provengono prevalentemente da miniere in Cina, Australia e Sud America e la cui estrazione ha portato a gravi contaminazioni ambientali; inoltre, la ricarica di un’auto elettrica avviene utilizzando elettricità, generata da centrali alimentate a combustibili fossili. Oppure la produzione della curcuma, un rimedio che oggi è presentato come un toccasana naturale, è basata sulla distruzione di foreste per creare nei Paesi tropicali monocolture che porteranno alla desertificazione; lo stesso vale per la coltivazione della soia, che sembra la risposta migliore al consumo di carne animale, ma in realtà ha un fortissimo impatto sull’ambiente. Attraverso operazioni di marketing ci vengono vendute soluzioni ecologiche che non sono basate su una visione integrata: bisogna invece considerare tutto il ciclo, così da poter valutare se una soluzione è sostenibile da un punto di vista ambientale, oltre che economico. E se non troviamo rapidamente delle soluzioni vere, non di facciata, la nostra specie è destinata all’estinzione. Penso (e spero) che le donne abbiano una sensibilità ambientale più sviluppata, una maggiore capacità a pensare al pianeta come un tutt’uno.

In cosa consiste il suo impegno professionale per aiutare l’umanità a risolvere le sfide del futuro?

Intanto cerco di sollevare l’attenzione sul ruolo che può avere in futuro la tecnologia nell’affrontare problemi legati al monitoraggio e alla protezione dell’ambiente. Sempre di più le tecnologie dovranno essere sostenibili, non andare cioè a depauperare il pianeta o a inquinarlo. In questo Penso (e spero) che le donne abbiano una maggiore capacità di pensare al pianeta come un tutt’uno senso la robotica bioispirata, proprio perché basata sui principi di funzionamento degli esseri viventi e ispirata alle soluzioni offerte dalla natura, ha la sostenibilità tra le sue caratteristiche peculiari. L’obiettivo è realizzare macchine in grado di operare negli ambienti reali, mutevoli e non strutturati, proprio come quelli nei quali agiscono gli esseri viventi, umani compresi. Ecco perché le tecnologie bioispirate avranno un ruolo fattivo nella raccolta di dati ambientali, nel monitoraggio, nell’agricoltura di precisione, e forniranno conoscenza su come agire a favore dell’ambiente: ci aiuteranno a trovare l’acqua e a risparmiarla, a individuare certe sostanze chimiche e a rilasciarne altre nella quantità giusta ove necessario, a ridurre gli antiparassitari in agricoltura, a monitorare la presenza di azoto e fosforo disponibili nel terreno, riducendo l’uso di fertilizzanti. Nel complesso, ci aiuteranno ad agire sia con maggior consapevolezza sia con minor impatto ambientale.

Può illustrarci l’ultimo progetto che sta seguendo, l’I-Seed Project?

Questo progetto continua i miei studi sulla robotica ispirata alle piante, che ha visto la realizzazione di robot che prendono a modello le piante rampicanti, le radici per l’esplorazione del sottosuolo, ma anche piante carnivore e molte altre soluzioni tipiche del regno vegetale. Il progetto attuale, partito a gennaio 2021, studia le strutture delle piante che trasportano i semi per realizzare robot miniaturizzati che si muovono sul territorio come fanno i semi: o con l’ausilio di ali (come i semi del tiglio) o che penetrano nel suolo (come fa l’avena), senza utilizzare energia per compiere i movimenti. Nelle piante le strutture che trasportano i semi sono prive di metabolismo e costituite da materiali morti e biodegradabili. In molti casi, il movimento è generato dalla capacità di alcuni materiali di interagire con le variazioni dell’umidità dell’aria e di altri elementi di “guidare” il movimento, sulla base della loro organizzazione all’interno della struttura. Pensate alle scaglie di una pigna che si aprono e si chiudono per rilasciare il seme (il pinolo) da loro trattenuto. Anche in questo caso il fenomeno è lo stesso. Nell’ambito di ISeed svilupperemo dei robot-semi dalle proprietà analoghe a quelle descritte. I nostri piccoli robot saranno biodegradabili e verranno rilasciati nell’ambiente con dei compiti precisi, senza che in seguito sia necessario recuperarli: per esempio sapranno monitorare la presenza di mercurio nei primi centimetri del suolo, che può entrare nella catena alimentare, oppure di anidride carbonica nell’aria, causa del riscaldamento globale; nel momento in cui individuano la sostanza per cui sono programmati i robot diventano fluorescenti e vengono rilevati da sistemi di telerilevamento (Lidar) a bordo di droni in grado di sorvolare aree anche molto estese o remote. Sulla base delle informazioni ricevute tecnici umani possono intervenire successivamente con misurazioni o interventi più approfonditi in aree già circoscritte. È un programma molto ambizioso che richiede – e sta ricevendo – finanziamenti molto importanti.

Nel 2015 è stata inserita da Robohub tra le 25 donne più geniali del suo settore, la robotica: che effetto fa sentirsi definire “geniale”, ma non pensa che sarebbe stato meglio fare una classifica delle persone (non delle donne) geniali del suo settore (ma anche in generale)?

Su quest’ultimo punto sono pienamente d’accordo, non ha molto senso fare una classifica delle sole donne. Comunque il riconoscimento mi ha fatto molto piacere, perché era legato ai miei studi, pionieristici, ed è servito a farli conoscere e apprezzare.

 Esiste secondo lei uno specifico femminile che può maggiormente contribuire a risolvere i problemi mondiali?

Non lo so se le donne hanno caratteristiche che possono contribuire maggiormente a risolvere i problemi mondiali. È una domanda aperta, per me è più una sensazione che una certezza.

All’interno di un team professionale funziona meglio un gruppo misto uomini e donne o un gruppo sbilanciato su una sola componente?

Non ho elementi per dire che un gruppo solo maschile o uno solo femminile raggiunga risultati migliori o peggiori. La mia opinione è che un gruppo misto sia più stimolante per entrambi i sessi. Quello che per me conta maggiormente è la multidisciplinarietà del gruppo di lavoro, nel mio team ci sono ragazzi e ragazze di formazioni diverse: oltre che ingegneri e biologi, il gruppo include esperti dei materiali, chimici, fisici, informatici, per citarne alcuni, e ognuno di loro affronta il problema e offre soluzioni con prospettive diverse che messe insieme acquistano un grande valore aggiunto. D’altra parte, la robotica affronta tematiche che possono richiedere il coinvolgimento di sociologi, esperti di legislazione o di problemi assicurativi, in alcuni casi, anche etici. Quando ho iniziato io, il team di lavoro tradizionale nella robotica era composto prevalentemente da maschi, ingegneri meccanici o elettronici (e già questo era considerato un elemento di diversità…). Ho faticato a farmi accettare come biologa, ho dovuto dimostrare di essere all’altezza, ma più in quanto biologa che in quanto donna. Per fortuna oggi anche all’interno del mondo della ricerca è stato superato il pregiudizio nei confronti della biologia, la cui importanza è riconosciuta tanto nell’ingegneria come nell’informatica.

Come vive la quotidianità una persona come lei?

Nel caos più totale, ho moltissimo da fare, per me questo è un momento molto bello e importante, ma mi manca il tempo per assaporarlo, per poter osservare ed elaborare la visione generale. Sono sempre in affanno, tendo a voler fare tutto, se una cosa mi piace la faccio e non riesco a tirarmi indietro. La mia è una passione divorante, mi sento la responsabilità di dire qualcosa di importante per il futuro dell’umanità, ho tantissimo lavoro ancora davanti, considerando che sono partita completamente da zero.

Nel suo percorso di formazione quanto hanno contato la sua forza di carattere e la sua determinazione e quanto la presenza di buoni maestri, di gruppi di lavoro e ambienti formativi che l’hanno indirizzata e valorizzata?

Il carattere è stato fondamentale, la determinazione e la forza di volontà che mi hanno aiutata a superare la quotidianità fatta di rinunce e sacrifici. Importante, però, è stata anche la scelta dei luoghi della mia formazione: l’ambiente è fondamentale, ogni Istituto ha creato una parte di me, formandomi nel metodo e nelle conoscenze.

Chi è la persona che ha maggiormente influenzato o determinato la sua vita professionale? Oltre all’ambiente familiare, il mio compagno mi ha aiutata tantissimo, è un informatico e lavora nel mondo del finanziamento alle aziende, ha sempre creduto in me, non mi ha mai posto ostacoli e sempre mi spinge ad alzare l’asticella dei mei obiettivi. Sul piano più strettamente professionale, per l’acquisizione del metodo, mi è servito l’approccio scientifico che ho imparato all’Istituto di Biofisica del Cnr e a Ingegneria l’insegnamento del professor Paolo Dario, che mi ha ispirato con la sua determinazione, la sua professionalità, la sua voglia di generare opportunità per gli altri. Le idee che sto sviluppando sono mie, ma tutti costoro mi hanno consentito di portarle avanti.

Che messaggio vuole lasciare ai lettori di Babel?

Fatevi ispirare dalle vostre passioni e valorizzatele, perché vivere seguendo un sogno aiuta a superare i momenti difficili, come quello che stiamo vivendo oggi.

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