ANNA MARIA GEHNYEI
di MARTA BELLINGRERI
“La musica è un processo magico che mi ha messo in contatto con le mie ave”
Essere donne è essere nere due volte”, afferma Karima bevendo un bicchiere di latte di mandorla a un bar di Trastevere. “Il doppio di ostacoli e discriminazioni che passano dal proprio corpo. Ma è in quell’essere donne, nere e italiane malgrado tutto, che si trova anche una forza ancestrale, che supera tutto”.
Anna Maria Gehnyei, nome d’arte Karima 2G, fa parte di una nuova generazione di donne italiane nere – italiane di nascita, di lingua, per il proprio vissuto o comunque per ostinazione nel volerlo diventare – che negli ultimi anni sta travolgendo con una nuova immaginazione l’Italia. O per lo meno l’Italia che sa ascoltare. Karima lo fa cantando ma anche girando per diverse città e università italiane per raccontare del suo percorso, a partire dal lungo processo per ottenere la cittadinanza italiana. Una battaglia che l’ha stremata ma le ha anche tirato fuori la grinta necessaria per affrontare tutto con determinazione e ironia. E allargare la sua visione. “Mi hanno definita afro-futurista per la mia visione. Penso sempre al tema del futuro delle donne nere in Italia”. Oggi la voce di questa generazione è più forte che negli anni passati e lo è grazie anche a persone come Karima che hanno tracciato e continuano a tracciare la strada.
Nei primi anni della sua battaglia, Karima ha fatto di tutto per ottenere la cittadinanza “E FUTURISTA italiana. Di origine liberiana, si è trasferita a Roma che era ancora una bambina. Adesso che l’ha ottenuta, pur non avendo dimenticato questo tema che è sempre drammaticamente presente e drammaticamente dimenticato dalla politica in Italia, la sua ricerca, esplorazione, attivismo e soprattutto il suo spirito sono definiti dal suo essere donna: “Sono donna, sono nera e riconosco il mio potere femminile. È difficile per me da spiegare, ma il potere mi arriva dalle mie ave”.
A partire dal suo nome d’arte si leggono le due anime di questi dieci anni di arte, musica, pensiero e lotta: Karima in arabo e shwahili sta per gentile, mentre 2G indica le seconde generazioni in Italia. Il processo è partito proprio dall’idea che il primo diritto da reclamare era la cittadinanza. “Tutta la burocrazia necessaria alla richiesta di cittadinanza in Italia porta a credere che di fatto si voglia impedire che i figli degli immigrati siano italiani”. Karima comincia così a descrivere cosa significhi entrare nel sito del Ministero dell’Interno per fare domanda e capire che non c’è spazio per chi prova e come le cose siano progressivamente peggiorate. “C’è proprio un’impossibilità a trovare riferimenti: non ci sono indirizzi email, non ci sono numeri, non c’è possibilità di interagire tra persone” dice Karima. L’iter che spesso dura cinque o sei anni porta molto spesso a una negazione, un rifiuto della cittadinanza.
A quel punto, molte persone si stancano e non la vogliono più, si arrendono senza sapere che possono fare ricorso. “Da quando avevo fatto richiesta sul sito al primo appuntamento ci ho messo ben tre anni anziché quattro, ma per me ad un certo punto è stata più veloce perché avevo fatto molta pressione. Penso che i funzionari della questura e le diverse sedi della Prefettura di Roma- Ufficio Immigrazione non ne potessero più di me. Ero sempre lì a controllare lo stato della mia pratica.
Ho scritto mille email e lettere a chi di dovere. Non ho mollato, cosa che sperano tu faccia. Non è stato assolutamente un processo facile. La sensazione che si prova quando da cittadina del tuo Paese di origine ti trovi cittadina Italiana è indescrivibile”. Tutt’oggi, continua ad aiutare altre persone a fare domanda e a provare a districarsi in questo iter, in altre parole: a non arrendersi. Nel frattempo, la Karima cantante e afro beatmaker, ha pubblicato il suo primo album da solista nel 2014, si chiama 2G ed è interamente scritto e prodotto da lei. I suoni elettronici si mescolano all’influenza della musica afro, con i testi in pidgin-inglese, la sua lingua madre. In questo album, i primi due singoli, Orangutan e Bunga Bunga, fanno parlare: e Karima, come sempre, spiega. “Come cantante volevo riuscire a realizzare i beat che volevo io e non cantare per gli altri. Processo magico che mi ha fatto continuare con la musica e le mie ave mi hanno dato segnali di dover continuare”.
Come molte donne nere in Italia, Karima si è anche dovuta scontrare con la discriminazione legata al colore della pelle. Sembra sentire una voce sola quando diverse donne nere parlano del dolore, della rabbia che hanno provato ogni volta che sono state offese e insultate, spesso per strada, altrettanto spesso in maniera più sottile, subdola, inferiorizzante. E tutte hanno vissuto questa sofferenza prima chiudendosi e poi quando l’hanno affrontata con molta più ironia. “Devo a mio padre l’essere riuscita a trasformare la rabbia per le discriminazioni e il razzismo in ironia. L’ironia è un’arma che spiazza le persone. È giusto reagire, ma non con rabbia, la rabbia acceca e le persone che offendono spesso vogliono vedere una donna nera frustrata. Le reazioni ironiche invece hanno una forza diversa nell’arrivare a destinazione”.
Se il percorso tra cittadinanza, musica e quella rabbia che cede il passo all’ironia ha sempre definito Karima, è il potere femminile negli ultimi anni a fare la differenza: “Lo sento in ogni cellula, nel mio respiro, finché non lo riconosci, vaghi nel nulla. Lo devo a mia madre, alle mie zie in Africa. Mi dà la consapevolezza che in quanto donna non sei un essere umano, sei una donna, ogni cosa è creazione ed io – noi come donne- in quanto creatura posso e possiamo fare”. In questi anni Karima ha supportato la causa di “Non una di Meno”, ma marciando con loro non vedeva nessuna donna nera, “questo mi ha fatto capire che c’era qualcosa che non andava. Un’altra forma di razzismo che ho visto fare inconsciamente anche da donne. Essere donne è essere nere due volte, ma mi sento doppiamente nera e questo mi fa essere doppiamente forte”. Tante donne ispirano altre donne. Quando Karima è sul palco, si sente guidata dalle sue ave. Come se fossero accanto a lei nel concerto. Ma le stesse ave hanno guidato Karima nell’incontro con altre donne nel suo viaggio musicale e femminista: Nina Simone, la figlia della cantante Elisa, che definisce “bella come persona e brava come cantante”.
Ma soprattutto Leymah Gbowee, liberiana e premio Nobel per la pace, a cui ha fatto da assistente quando è venuta a Roma, ha passato tre giorni interi al suo fianco. “Non so quante centinaia o migliaia di donne ha salvato durante la guerra civile nel mio Paese, guerra che è durata ben 15 anni. Stare con lei mi ha sciolto tutti i traumi del femminile”. Quando Karima è tornata nel suo Paese di origine nel 2013, i villaggi di sua madre e di suo padre le hanno trasmesso amore e l’importanza di perdonare, i suoi genitori infatti non sono potuti tornare nel Paese di origine a causa di quella guerra civile.
Questa storia raccolta, trasmessa anche tramite la forza della premio Nobel Gbowee, le fa dire oggi: “perdona il tuo nemico, il perdono deve far parte di noi per ricominciare e tramutare questa rabbia”. Infine, sebbene non l’abbia mai conosciuta, nella sua mente rimane forte il pensiero della cantante sudafricana Miriam Makeba. “Io amo le sue canzoni e da piccola mio padre me le faceva ascoltare spesso”, racconta. “Mi colpì moltissimo la sua perdita. Sapere che era morta dopo un concerto contro il razzismo in Italia mi ha fatto pensare a quanto una donna che si era dedicata così tanto a queste lotte, potesse arrivare a dedicare… anche il suo ultimo respiro”.
BACKGROUND MIGRATORIO E FUTURO
COSPE sostiene da sempre il protagonismo diretto delle associazioni promosse da ragazzi e ragazze con background migratorio. Attualmente stiamo lavorando con l’Associazione G2 Senegal Valdera su un progetto che coinvolge Italia e Senegal per promuovere una migliore informazione e comunicazione sulle migrazioni. Collaboriamo inoltre con il movimento Italiani senza cittadinanza e il Coordinamento Nuove Generazioni Italiane (Conngi) su iniziative di pressione per il cambiamento della legge sulla cittadinanza e per il pieno riconoscimento dei diritti delle persone nate e/o cresciute in Italia.