Questo numero di Babel racconta la vita di molte donne attiviste e l’intreccio con le loro battaglie sui diritti in Italia e nel mondo, dalla Colombia alla Palestina. Si tratta di donne in alcuni casi conosciute e in altri molto meno ma tutte attraversate dal desiderio/urgenza di modificare le culture patriarcali che hanno segnato le loro storie e i loro contesti. C’è chi dice che questo primo secolo del nuovo millennio sarà segnato soprattutto da queste battaglie. La voce e le azioni dei movimenti femministi e delle donne sono diventate negli ultimi anni più forti, più visibili e su alcuni temi come la violenza maschile (il movimento Non una di Meno o il movimento #MeToo) o il diritto all’aborto come diritto all’autodeterminazione (movimenti che si muovono dall’Argentina alla Polonia) sono nati movimenti anche transnazionali. La Pandemia ha inoltre fatto emergere le contraddizioni delle nostre società tra cui anche le diseguaglianze e violenze di genere che sono sempre state li ma che la crisi ha come svelato in maniera più forte. E al tempo stesso ha fatto emergere anche le competenze di “cura” delle donne non solo nel privato ma anche nelle lotte e battaglie per società più giuste per tutt* e rimesso al centro del dibattito politico anche dei movimenti sociali la “cura” come asse fondante dell’economia, delle politiche ambientali, della salute.
Ognuna di queste donne ci racconta un punto di vista: la questione della necessità di un linguaggio di genere contro il sessismo e l’omolesbotransfobia così presente nelle nostre lingue, il diritto ad essere “ribelli con causa” contro ogni forma di sfruttamento e colonialismo, la visione quasi “futurista” di raggiungere piena cittadinanza italiana anche se “nera”, l’equità di genere che non può essere intesa solo in termini binari ma deve includere tutti gli orientamenti sessuali e le identità di genere, inserire nelle agende pubbliche un problema politico come è di fatto la violenza maschile e di genere, impegno sempre maggiore delle donne nella scienza con ottiche e prospettive innovative, prendersi cura dei diritti di chi non c’è più. E altro ancora.
Nei racconti delle intervistate ognuna ricostruisce il suo punto di partenza, la sua presa di coscienza e il bisogno di agire. Sono racconti vivi che fanno riflettere su cosa sono il coraggio e la tenacia. Racconti che fanno luce su contesti e situazioni molto particolari ma che diventano universali per le questioni, i sentimenti, le sfide che sollevano e che ci riguardano tutt*. Il cammino è ancora lungo ma come Marta Dillon scrive: “È necessario ascoltare le loro storie (delle donne), per capire quando si sono sentite vulnerabili e offrire loro la prospettiva femminista in modo che guardino i loro percorsi di vita da un altro punto di vista. Non credo che ci sia un solo modo. Quello di cui sono sicura è che quando le donne si siedono in cerchio, quando lavorano insieme, quando si guardano negli occhi l’una con l’altra, allora iniziano a rendersi conto che ciò che accade loro non accade loro individualmente ma che c’è qualcosa di politico, ragioni sociali e religiose che sostengono la violenza e l’esclusione. E che in alleanza con le altre, questo può essere cambiato”