Quando l’educazione non è di casa

Rossi Doria: “Dopo la pandemia ci guidi l’idea di una scuola nuova”

Foto di Astrid Fornetti

“Il Covid-19 ha messo il mondo dell’educazione di fronte ad una scelta. O si va verso la crescita delle disuguaglianze, della povertà educativa, del fallimento formativo, oppure deve esserci un’inversione di tendenza che porti ad un’idea di scuola nuova, aperta, inclusiva, parte di una più ampia comunità” dice Marco Rossi Doria, il primo maestro di strada d’Italia, insegnante, politico ed ex-sottosegretario al Ministero dell’Istruzione, appena nominato vicepresidente dell’impresa sociale “Con i bambini” che dal 2016 si occupa di contrastare la povertà educativa in Italia. Con povertà educativa si intende l’impossibilità per i minori di apprendere, sperimentare e sviluppare liberamente le proprie inclinazioni. 

Le conseguenze causano danni alla crescita emotiva, esclusione e mancata mobilità sociale. Nel 2014 “Save the Children” ha creato l’Ipe, l’Indice di Povertà Educativa che è dato dalla media dei valori di 14 indicatori diversi in relazione al benessere dei minori. Nei fatti si traduce in un’offerta insufficiente di servizi fondamentali per la formazione scolastica ed extra-scolastica. “Per questo è fondamentale che non sia soltanto la scuola ad educare. Anche le attività informali come lo sport o il teatro, ad esempio, hanno un’alta incidenza nello sviluppare le competenze dei minori e tutto questo è venuto a mancare durante il lockdown” spiega Simona Rotondi, Attività Istituzionali di “Con i bambini”. Nel nostro paese a causa delle difficili condizioni economiche molti bambini e ragazzi non hanno le stesse opportunità dei loro coetanei e la chiusura delle scuole ha accentuato l’ampiezza del fenomeno. Secondo i dati Istat i minori di 18 anni in povertà assoluta – cioè a cui non sono garantiti beni indispensabili per condurre una vita accettabile – sono un milione e 137 mila. E durante l’emergenza Covid-19 le condizioni di centinaia di migliaia di bambini che vivevano appena sopra la soglia di povertà sono peggiorate. Povertà economica e povertà educativa son due fenomeni che si implicano reciprocamente. “Sono aumentate le disuguaglianze e i più colpiti sono soprattutto i poveri in contesti poveri -continua Rossi Doria- troppi ragazzi sono stati esclusi dalla didattica online per la mancanza di una connessione a internet efficace o dei dispositivi digitali ma la connettività oggi dovrebbe essere un fattore della cittadinanza. 

E non dimentichiamo i 270 mila alunni con disabilità che avrebbero necessitato di un insegnante di sostegno e gli 800 mila stranieri che hanno difficoltà con la lingua”. Tra i 9,8 milioni di studenti che dalla fine dello scorso febbraio hanno smesso di andare fisicamente a scuola ce ne sono stati molti non raggiunti dall’apprendimento a distanza, soprattutto nelle aree difficili del paese in cui il tasso di dispersione scolastica era già in aumento negli ultimi anni. Il supporto dei genitori ed in particolare delle mamme è stato fondamentale durante l’emergenza, insieme ai professori (per la maggior parte donne) hanno tenuto in piedi il sistema dell’istruzione e dato vita ad un nuovo modello di apprendimento. È emersa l’importanza del lato umano sia nella faticosa costruzione di un’alleanza educativa tra genitori e insegnanti, con ruoli differenti ma fondamentali, sia grazie alle capacità di cooperazione degli studenti che hanno insegnato molto agli adulti a proposito di digitale. Ma è stata una situazione di emergenza, una crisi che in quanto tale deve essere superata. 

L’Italia, secondo Eurostat, investiva già meno della media europea nell’Istruzione, circa il 3,8% del Pil contro il 4,6% degli altri paesi UE nel 2017. “Disuguaglianza e dispersione scolastica stanno crescendo in termini percentuali e la botta è arrivata in un momento in cui le cose non andavano bene, c’erano già troppi bambini e ragazzi esclusi. Ma quello che è successo in questi mesi può trasformarsi in un’opportunità perché con la verità davanti agli occhi possiamo invertire la rotta. Ci vorrà tempo per risanare una ferita profonda e la lotta alla povertà educativa è ancora più una priorità adesso”. La fascia d’età più colpita dalla chiusura delle scuole è stata quella da 0 a 6 anni perché ai bambini, che non hanno avuto un altro mezzo, neppure digitale, per confrontarsi, è mancata la socialità. “Ciò che preoccupa molto – dice Simona Rotondi – non è soltanto la carenza sul fronte dell’apprendimento ma è che i più piccoli non sono stati con i loro pari. Le capacità di relazionarsi e di provare empatia sono fondamentali per la crescita. È necessario un grande patto tra scuola, terzo settore, educatori, tutta la comunità per invertire il trend. Investire sull’educazione.” 

L’impresa sociale “Con i bambini” e i partner, tra cui COSPE con il progetto “E se diventi farfalla”, hanno fatto molto per non lasciare sole le famiglie in questa situazione di difficoltà e per creare situazioni di socialità ed apprendimento per i minori. “Abbiamo creato gruppi whatsapp per le famiglie, concorsi per coinvolgere i minori anche da casa, corsi online per i compiti, grazie all’ausilio di piattaforme come Zoom e Youtube – conclude Rotondi – tutti i nostri laboratori, attività, percorsi formativi sia in orario scolastico che extra-scolastico sono diventati virtuali con l’obiettivo di far passare il tempo ai bambini in maniera attiva e intraprendente. Abbiamo sostenuto la rimodulazione delle risorse economiche per dare tablet e digital device alle famiglie più povere. Nei contesti in cui abbiamo operato si è vista la differenza”

 

Intervista di Chiara Sgreccia

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