La svolta green

Forse la svolta che aspettavamo è arrivata: dei cambiamenti climatici non si parla più solo nei rapporti degli scienziati e nei forum annuali delle “Conferenze delle Parti” (Cop), tra i rappresentanti dei governi chiamati a decidere piani e misure per la riduzione dei gas serra. Appuntamenti assurti, in virtù dei loro risultati mediocri, a triste litania dell’inconcludenza (Cop 1,2,3, e via contando fino a 25), per ricordarci con la forza dei numeri che abbiamo già perso un quarto di secolo senza fare nulla. Qualcosa di nuovo è accaduto nell’ultimo anno: l’iniziativa si è spostata dai governi ai movimenti, dalle vecchie alle nuove generazioni. In testa le giovani e i ragazzi di “Fridays For Future”, che hanno riempito le vie e le piazze di tutto il mondo. Passando all’offensiva e trascinando con sé i molti che si stavano rassegnando a una lotta di resistenza. Imponendo alla politica e all’economia una nuova agenda di scelte radicali per la transizione ecologica. È una svolta tanto più straordinaria perché ha il viso da bambina coraggiosa e ostinata di Greta Thunberg, che come spesso accade nella storia è riuscita a catalizzare energie che agivano dovunque sottopelle, più potenti e diffuse di quanto potessimo immaginare. Una lezione dei tempi, che sta lì a dirci quanta capacità di ascolto e quanta creatività ci sono richieste oggi per uscire dal comfort dei vecchi schemi, quale salto di qualità è necessario compiere – di linguaggio e strumenti – per conquistare il cuore dei più uscendo dai recinti che ci condannano alla sterilità. Una svolta che non ci coglie però di sorpresa, né ci trova impreparati. Da tempo noi, donne e uomini COSPE, ne coglievamo i segnali dalle tante periferie del mondo dove ci portano il nostro lavoro e la nostra missione politica. A condividere esperienze di mitigazione e adattamento dei cambiamenti climatici, lotte per i diritti all’acqua, alla terra, per una più giusta distribuzione delle risorse, con associazioni e reti locali, di donne, di contadini, di popoli indigeni, di attivisti, di istituzioni. Unite, tutte, dalla volontà di tradurre in pratica lo slogan “Cambiare il sistema, non il clima”. Per una conversione ecologica e sociale che rimetta al centro equità, sostenibilità, diritti, affrontando come un tutto la triplice sfida globale dei cambiamenti climatici, delle disuguaglianze, della crescita demografica. Un mix micidiale, che diventa sempre più esplosivo ogni giorno che passa. E la cui posta ultima non è “la salvezza del pianeta” ma il nostro futuro. Di queste esperienze e di queste lotte ci parla questo numero di Babel dedicato ai cambiamenti climatici, soffermandosi sulle sfide più urgenti: dai sistemi alimentari insostenibili, a cui si deve oltre il 30% delle emissioni di gas serra, ai migranti climatici, ancora privi di riconoscimento legale, dal mercato viziato dei crediti di carbonio ai negazionisti del clima. Invitando soprattutto a riflettere sulla necessità di un Green New Deal, coerente con quel cambiamento di paradigma che invoca Fabrizio Barca nella sua intervista, e sostenuto da modelli comunicativi ispirati al mondo delle arti. Tutti ingredienti indispensabili perché la svolta di questi ultimi mesi diventi un’onda lunga, capace di trascinare consensi e travolgere resistenze.

di Giorgio Menchini

 

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