Più veloce del tempo e dei tempi

Intervista a Valentina Petrillo di Pamela Cioni

Valentina Petrillo è unʼatleta transgender ipovedente. Nel 2019, a 45 anni, ha iniziato la sua transizione farmacologica verso il genere femminile per diventare la prima atleta transgender a indossare la maglia della Nazionale di atletica paralimpica con 6 titoli italiani paralimpici nei 60m, 100m, 200m e 400m. Record italiano 200m Indoor/ 400m Indoor/ 400m Outdoor. Nono posto alle Paralimpiadi di Parigi nel 2024.

Cʼè un luogo che la retorica corrente identifica come la quintessenza della solidarietà, dellʼarmonia, e dellʼinclusione, ma che nella realtà si rivela essere il luogo in cui le differenze esplodono e non sono ammesse. O meglio, non tutte. Questo luogo è lo sport. Lo sport agonistico, dove i corpi sono portati allʼestremo della loro potenza, della loro resistenza e dove “si deve” essere “eccezionali” per vincere. Eppure, questa eccezionalità, esaltata in quasi tutti i casi, diventa un problema se si scontra con lʼimpossibilità di definire e normare tutti i corpi in categorie chiare e nette. Ed è stato un problema fin dallʼesordio dello sport femminile agli inizi del ʼ900, quando, per timore che alcuni uomini si vestissero da donna per competere in categorie considerate facilitate, vennero introdotti dei controlli: inizia così il gender testing. Da allora lʼossessione per normare, restringere e limitare la partecipazione a chi non avesse le “carte in regola” per gareggiare nelle categorie femminili, ha avuto varie fasi fino ad arrivare ad oggi e alla ricerca della giusta quantità di testosterone nel sangue delle atlete. Oggi per la World Athletics si è donne/atlete vere se si hanno valori sotto i 5 nanomoli (normativa Iaff -Associazione Internazionale delle Federazioni di Atletica Leggera del 2019 ndr). E “5 nanomoli” è anche il film che vede protagonista Valentina Petrillo, prima donna transgender italiana a competere alla Paralimpiade di Parigi 2024, dove ha corso i 200 metri rimanendo fuori dalla finale. “Non esiste nessuna evidenza scientifica del fatto che, essendo nata di sesso maschile possa avere un vantaggio rispetto alla media delle compagne di sesso biologicamente femminile – ci racconta Valentina – Questo è sotto gli occhi di tutti, basta guardare i dati. Quindi se si parte da questo presupposto, quello del vantaggio, si parte da un pregiudizio. Anche il Cio lo chiarisce nelle ultime linee guida”. Il Comitato olimpico internazionale, infatti, nelle linee guida del novembre 2021, specifica che nessun atleta può essere discriminato o possa essere escluso da competizioni per una presunzione di vantaggio che non ha basi scientifiche (e si chiarisce che neppure la presenza di un testosterone più elevato lo sia ndr). “Mi sembra – continua Valentina, che questo argomento delle donne trans nello sport abbia poco a che fare con i risultati e sia soprattutto un campo di battaglia politico”. E, volente o nolente, Valentina Petrillo ha ben presente che le sue scelte e la sua vita personale siano diventate anche politica: “Sebbene non mi senta attivista nel vero senso della parola, mi rendo conto che la mia vita porta con sé tutta una serie di aspetti politici, di attivismo che sono importanti, ne sono pienamente consapevole e porto con orgoglio avanti le tematiche che riguardano la mia e la vita di molte altre donne trans”. Valentina infatti scrive libri, partecipa a incontri e non si nega al dibattito, consapevole che occorre fare molto lavoro di sensibilizzazione e informazione e che è forse a livello sociale e politico, ancora più che sportivo, che serve fare più chiarezza: “Bisogna capire innanzi tutto – dice ancora Valentina – che una persona transgender non è una persona che fa una scelta per opportunismo nella società o nello sport, ma è una persona che vive una condizione dʼessere: io non scelgo di essere trans, io sono trans e tra lʼaltro lo sono perché è la società che mi impone una scelta dovuta ad un binarismo di genere. Probabilmente in un mondo ideale non avremmo neanche bisogno più di fare transizione perché ognuno sarebbe libero di essere sé stesso. Il problema nasce con i documenti che ci identificano, nel momento in cui non corrispondono al genere biologico assegnato alla nascita”. La fatica che oggi Valentina fa in pista sembra niente in confronto a quella che ha fatto per superare infatti le varie barriere burocratiche e ideologiche e alcuni stop and go, che però non lʼhanno mai fatta desistere: dopo aver cominciato, da piccola, con lo sport nelle categorie maschili, si è fermata nel 2018 sebbene avesse vinto 12 titoli italiani nella categoria T12 (Valentina è affetta dalla malattia di Stargardt, la forma più comune di degenerazione maculare ereditaria ndr). “Per me era una violenza gareggiare con gli uomini”, ha detto in svariate interviste, per poi rientrare ufficialmente, dopo la transizione farmacologica, nella categoria femminile con la prima gara lʼ11 settembre 2020 e vestire la prima maglia azzurra nel 2021, fino ad arrivare alle paraolimpiadi. Un traguardo incredibile: “Per me è stato il raggiungimento di un obiettivo, di un sogno che avevo da piccolina, da quando mi sono innamorata nellʼatletica vedendo Mennea vincere a Mosca nel 1980, e lì è iniziato il viaggio alla ricerca di me stessa”. Oggi Valentina ha trovato sé stessa, proprio grazie allo sport e a quel sogno: “Probabilmente, se non avessi avuto la fortuna di avere lo sport che mi rendeva unica, oggi non potrei avere questo impatto nella società. Sicuramente la mia visibilità ha acquisito un valore più alto”. Un valore che Valentina ha tradotto in un libro che si intitola “Più veloce del tempo”, un titolo che si riferisce sia alla sua attività di velocista ma anche alla sua capacità di precorrere i tempi, quelli della società, della politica e della burocrazia: “Certo, mi riferisco al tempo cronometrico quello con cui mi batto tutti i giorni, con cui ho dovuto fare i conti anche accettando di non essere più la persona veloce che ero prima, ma mi riferisco anche al tempo futuro, quello che ci porterà a un mondo nuovo e che non è ancora questo”. Le discriminazioni sono ancora forti, ad esempio le persone trans secondo lʼultima normativa (World Athletics 2023) non possono gareggiare di fatto nelle categorie femminili (a livello olimpico) a meno che – ed è praticamente unʼesclusione quasi in toto – tu non abbia fatto la transizione di genere entro il 12esimo anno di età “unʼetà in cui è molto difficile che questo avvenga, e che secondo me è anche troppo presto per avere la giusta consapevolezza per fare questo passo”. Valentina si sente di dare dei consigli a tutte le persone trans sportive o no: “Consiglierei di crederci fino alla fine, così come ho fatto io. Purtroppo, ancora per molto, saremo sempre costrette a dover spiegare, saremmo sempre costrette a dover dire di noi. Lʼimportante è crederci, io ci ho creduto anche se il mio viaggio alla ricerca di me stessa è stato complicato, complesso, un viaggio ad ostacoli, però ce lʼho fatta. Quindi mi piacerebbe tantissimo diventare proprio la persona da emulare ed avere come punto di riferimento e di ispirazione”. E, in questo tempo, lo è sicuramente.

Io non scelgo di essere trans, io sono trans

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