La notte è immensa, ma la rivoluzione è in atto

Intervista a Monica Pasquino di redazione

“Soltanto lʼOccidente conosce la Storia”, è solo una delle incredibili affermazioni che saltano allʼocchio a una prima lettura delle “Nuove Indicazioni Nazionali” appena sfornate dal ministero di Valditara. Incredibili proprio nel senso etimologico del termine: si fa fatica a credere, nonostante le aberrazioni a cui questa destra ci ha abituato, che cose così gravi possano essere state scritte sul documento che informerà i curricula delle scuole del primo ciclo in Italia. “Solo lʼOccidente conosce la Storia” è lʼincipit con cui inizia la sezione destinata allo studio della storia, curata da Ernesto Galli della Loggia; ma razzismo e apologia dellʼOccidente iniziano sin dalla prima pagina di questo documento. Il disprezzo con cui vengono trattati altri mondi e culture, lʼaria di superiorità con cui si guarda allʼalterità, nascosti e protetti da unʼimmaginaria idea di nazione, è preoccupante oltre che svilente.

Inizia così lʼarticolo che “Educare alle differenze”, una rete nazionale di associazioni – di cui anche COSPE fa parte – che lavora nella formazione e promuove pratiche educative nelle scuole di ogni ordine grado, ha scritto allʼindomani dellʼemanazione delle indicazioni nazionali per la scuola. Vere e proprie “aberrazioni” che denotano il taglio ideologico e lʼimprinting che il governo vuole dare allʼeducazione scolastica del nostro paese e che raccontano bene anche la “notte immensa” in cui ci troviamo. Ne abbiamo parlato con Monica Pasquino, educatrice e formatrice e presidente di Educare alle differenze, che con le sue associazioni lavora da anni nelle scuole con progetti dedicati allʼeducazione sesso-affettiva, al contrasto agli stereotipi di genere e al rispetto degli orientamenti sessuali, in unʼottica intersezionale e transfemminista. “Sicuramente siamo in una fase difficilissima – ci racconta – con questo governo che mette in fila una dopo lʼaltra provvedimenti e misure che interpretano la violenza di genere come un fenomeno isolato, e non come qualcosa che investe profondamente la cultura e la società in cui siamo immersi; quindi, che non interpreta la violenza di genere come qualcosa di sistematico, trasversale, ma solamente come una questione di ordine pubblico”. Inoltre, in questo clima cʼè una forte ascesa dei movimenti non gender o movimenti per la vita, che sempre di più stanno acquisendo potere e legittimità. “Sono sempre di più le associazioni satelliti di Provita – continua Pasquino – che cercano di insinuarsi nelle scuole dicendo di fare educazione allʼaffettività, anche se poi nei loro stessi siti dicono che sono contrari alle linee guida dellʼOms sugli standard di educazione sessuale, quindi la loro educazione sessuale è fondamentalmente orientata su identità binarie e relazioni eterosessuali”. Come poter lavorare in questo momento buio dal punto di vista istituzionale per fare sì che invece i ragazzi e le ragazze, i giovani, vengano ascoltati e accolti dagli adulti e dai docenti nel periodo più delicato della loro vita, quello che corrisponde con il corso degli studi, dalle elementari alle superiori? “Noi di fronte a tutto questo – dice la presidente della Rete – proviamo a lavorare come sempre abbiamo fatto: quindi cercando di valorizzare le esperienze positive che ci sono sui territori, cercando di divulgarle, cercando di non far sentire soli i docenti, le docenti che sempre di più sono oggi vittime di controlli sotto la lente del Miur che si comporta sempre di più con fare poliziesco. Inoltre, abbiamo realizzato un vademecum che si intitola “Che fare? Tutto quello che avreste voluto sapere per contrastare le violenze di e del genere a scuola”, una sorta di decalogo dal carattere molto operativo che contiene indicatori e suggerimenti su come agire dal punto di vista di un docente, dei docenti, se cogliamo dei segnali di possibile violenza subiti da ragazze che conosciamo. È un documento che abbiamo scritto dopo due anni di consultazioni con docenti, dirigenze scolastiche, collettivi studenteschi ed è un lavoro che cerca di fare chiarezza e di unificare la matrice, che parte dalla matrice unica del cis etero patriarcato per poi fare delle sottospecifiche rispetto alla violenza maschile contro le donne, alla violenza omolesbobitransfobica e alla transfobia”. Il vademecum, disponibile sul sito della rete, è già stato scaricato da 2000 persone e distribuito in scuole ed eventi: “Ci sembra uno strumento importante per il suo taglio operativo – continua – perché spesso nei corsi di formazione gli insegnanti ci chiedono queste cose. Come fare praticamente quando si trovano di fronte a casi di discriminazione o violenza. E quindi il testo che abbiamo scritto ha lʼambizione di provare ad aggiungere un altro tassello per la costruzione di scuole inclusive”. Eppure nelle scuole, quelle vissute e non quelle immaginate dalle Direttive, cʼè anche molto di positivo, una vera “rivoluzione”, secondo la presidente della Rete: “La nostra esperienza è quella di chi entrando nelle scuole, penso soprattutto in questo caso alle scuole secondarie e di secondo grado, si accorge che le persone studenti sono molto più consapevoli delle proprie possibilità sul tema della sessualità, della comunità, dellʼappartenenza, e anche per le persone Lgbtqia+ ci sono sicuramente dei passi in avanti notevoli. Di questo anche i docenti sono consapevoli, per questo crediamo ad esempio che vietare le “carriere alias” (il riconoscimento di unʼidentità elettiva che resta attiva per tutta la durata della carriera scolastica e che appare sul badge e nellʼindirizzo e-mail istituzionale ndr) non possa che essere controproducente, perché in realtà queste pratiche stanno proprio dentro questo tempo, dentro queste generazioni. Nelle classi di secondo grado in particolare vediamo che cʼè una maggiore consapevolezza della possibilità che lʼuniverso non si fermi al binarismo uomo, donna o comunque alle relazioni eterosessuali, cʼè senza dubbio unʼapertura rispetto alla normatività del genere, le persone -studenti lo respirano nella cultura che vivono (serie tv, film, giochi etc.), e sentiamo che cʼè un clima di grande sperimentazione e curiosità, anche se questo ovviamente accade in alcuni contesti più di altri, senza generalizzare. Ma senza dubbio in unʼottica di standardizzazione possiamo dire che ci sono stati molti passi avanti perché è molto più facile parlare di questi temi e spesso ci viene espressamente richiesto”. Una richiesta che arriva tanto dalle persone studenti che da quelle docenti: “Lʼesplosione di un lessico inclusivo, di un lessico che nomina diverse forme di orientamento, identità di genere è sicuramente una richiesta che prima non cʼera”. Pratiche queste che quindi non sembrano reversibili, al di là delle istituzioni: “Penso e spero francamente, conclude Monica Pasquino – che questo sia un percorso culturale, politico, non istituzionale ma politico sì, che è in atto, e che sia difficilmente arginabile”.

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