di Fulvio Vicenzo
Sarà alquanto difficile riuscire a contenere il riscaldamento del pianeta entro 1,5°C, come stabilito dagli Accordi di Parigi, visto che le emissioni di gas serra continuano ad aumentare. Cina, Stati Uniti, Unione Europea, India, Russia e Giappone sono le economie capitaliste che emettono di più al mondo e le loro politiche, come i piani e le azioni climatiche fatte finora, risultano insufficienti nel gestire e frenare gli effetti dei cambiamenti climatici.
Si preferisce promuovere un approccio finalizzato all’adattamento e alla gestione del rischio piuttosto che sostenere ed ampliare un agire basato sulla mitigazione. D’altronde le quantità di denaro e gli interessi economici, dei finanziamenti di combustibili fossili, delle sole istituzioni finanziarie pubbliche e di banche multilaterali di sviluppo, senza considerare i sussidi indiretti dei governi, sono troppo importanti. Il valore economico di tali scambi è superiore alle centinaia di milioni di dollari solo nel triennio 2020-22 (secondo il report di Oil Change International, Friends of the Earth Stati Uniti e ReCommon del 2024 ndr) contraddicendo quanto concordato nella Dichiarazione di Glasgow, dove l’impegno preso dai paesi sottoscrittori prevedeva di porre fine al sostegno pubblico internazionale ai combustibili fossili entro l’anno 2022.
Intanto, i cambiamenti climatici certo non aspettano e confermano l’andamento studiato dalle previsioni scientiiche: la frequenza, l’intensità e la diffusione di eventi meteorologici estremi, che stanno causando impatti sempre più pesanti sulla natura e sulle persone in ogni regione del mondo, stanno aumentando rapidamente, sconvolgendo da una parte il mondo delle tutele assicurative e finanziarie e dall’altra colpendo in maniera sproporzionata particolari categorie vulnerabili di persone, nei “sud” del mondo e, in modo particolare, donne e giovani, comunità locali e popolazioni indigene. Per questo, riconoscendo che esistono dei limiti alle capacità di adattamento e che alcune perdite saranno inevitabili, è stato finalmente istituito, nella Cop 28 di Dubai, il cosiddetto “Fondo per le Perdite e i danni”. Nato per fornire assistenza finanziaria ai paesi più vulnerabili colpiti dagli effetti del cambiamento climatico anch’esso è ancora in attesa di meccanismi e regolamenti.
Insomma il riscaldamento globale causato dallo sviluppo umano capitalista che si basa sull’estrazione indiscriminata di risorse naturali, favorisce l’accaparramento di terre, per la produzione di agro-energie o di commodity, pubblicizza un uso indiscriminato di fertilizzanti, agrochimici e di risorse genetiche modificate in modelli agricoli e zootecnici insostenibili fino a produrre rifiuti tossici e la relativa contaminazione di ambienti naturali, minaccia la sovranità alimentare e la sicurezza dei mezzi di sussistenza delle comunità locali.
Nei progetti che realizziamo nel mondo siamo testimoni di questa violenza, potere e pervasività del modello estrattivista, che colpisce culture, bellezze e risorse dei “luoghi” ed in risposta accompagniamo processi ed azioni di organizzazione ed autodeterminazione di popolazioni e comunità, che pretendono di difendere i loro territori dall’azione depredatoria e coloniale del capitale, come nel caso della regione di Putumayo in Colombia. Allo stesso tempo COSPE nei suoi interventi, in un contesto così complesso, ha deciso di organizzare le comunità in difesa del proprio territorio, mediante per esempio azioni partecipative di monitoraggio ambientale (come quello delle acque nella comunità di Medio Afan realizzato dal collettivo giovanile “La Inconformidad”) finalizzate ad azioni di incidenza politica e all’applicazione di norme ambientali, o il sostegno ai movimenti sociali, soprattutto giovanili, come “Las Guerreras por la Amazonia”, nella lotta climatica, a contribuire alla sensibilizzazione e alla consapevolezza, in ambito scolastico, delle giovani generazioni ed affiancare le popolazioni indigene e le comunità locali in azioni di protezione o in sede di conteziosi climatici.