ECO-INFLUENCER. Paladina della NO-WASTE Culture

di FLAVIA FINI

Lisa Casali, scienziata ambientale, consulente e divulgatrice, blogger e influencer, si occupa da anni di tematiche legate alla sostenibilità ambientale, alle politiche e ai rischi connessi ai danni ambientali nonché al consumo consapevole. Accanto alla sua attività di divulgazione e ricerca, da 17 anni lavora nel consorzio “Pool Ambiente” dedicato ai rischi ambientali e alle coperture assicurative per i danni all’ambiente. L’abbiamo intervistata per conoscere il suo punto di vista su questi argomenti nell’intersezione fra agroecologia, consumo e ambiente.

Com’è nata la tua passione e il tuo lavoro? E come ci sei arrivata?

Fin da bambina ho sempre avuto una grandissima passione per la scienza e per la natura in generale, una passione molto forte che ho sempre coltivato nonostante nessun mio familiare avesse un interesse particolare verso questi temi. Questa sensibilità, che avevo fin da piccola e che mi portava a incuriosirmi – per esempio – al comportamento degli insetti, al riconoscimento delle foglie e delle piante, mi ha spronato poi a dedicarmi allo studio di materie scientifiche legate all’ambiente. Così, all’università ho scelto il corso di laurea in Scienze Ambientali e da lì ho sviluppato delle competenze specifiche che ho applicato successivamente durante le mie esperienze lavorative. Quando studiavo all’università certe problematiche e urgenze odierne erano molto meno accentuate (l’inquinamento, la crisiclimatica…) e per questo lo studio era incentrato più sui meccanismi di funzionamento degli ecosistemi, degli habitat, delle specie. Con l’insorgere di questi problemi e per il mio lavoro con “Pool Ambiente” che mi ha portato a conoscere anche un’altra faccia del tema ambientale legato ai danni che ogni giorno le aziende causano al clima, alle acque, attraverso la propria attività, ho deciso di mettere queste conoscenze professionali a disposizione di me stessa (e degli altri) nel quotidiano. Era circa il 2005 quando, parallelamente alla mia attività lavorativa, ho aperto il blog “Ecocucina” e ho cominciato a fare esperimenti sul tema “no-waste” ovvero, su come utilizzare tutte quelle parti che di solito scartiamo in cucina. Questo argomento, a cui ho dedicato almeno sei libri, è stato un mio pallino per tanti anni. Infatti, mi sono resa conto che era un tema su cui non c’era stata molta ricerca e in cui predominava – soprattutto per l’aspetto legato alla cucina – la tendenza a privilegiare sempre le stesse ricette della tradizione regionale senza un vero e proprio approccio scientifico al tema. Ho iniziato quindi con un blog quando ancora i social non esistevano e poi, con l’obiettivo di far arrivare il mio messaggio di sensibilizzazione e di presa di consapevolezza di ciò che l’individuo può fare per contribuire a una migliore regolamentazione  alla riduzione dell’impatto ambientale, ho cercato in questi anni di adattarmi per sfruttare tutti i canali a mia disposizione. Ho collaborato con numerose testate, radio, e ho condotto svariati programmi televisivi, portando comunque sempre avanti la pubblicazione di libri. Parallelamente, cercavo di studiare e imparare il migliore utilizzo possibile dei social. Oggi, per esempio, i miei strumenti principali di racconto e sensibilizzazione sono Instagram e i libri mentre ho messo da parte il canale televisivo e radio a cui mi sono molto dedicata negli anni passati.

Quali sono i temi di tuo principale interesse? 

Il tema “no-waste” è sicuramente un tema che mi sta molto a cuore anche se non è l’unico. Insieme ad Altroconsumo, per esempio, abbiamo voluto approfondire qual è il contenuto nutritivo di tutte le parti che solitamente scartiamo – bucce, gambe, foglie, baccelli – scoprendo che sono parti ricchissime, la vera parte nobile di ciò che mangiamo. Da questa prospettiva, andrebbe rovesciato il nostro modo di guardare a questo 50% di frutta e verdura che ogni giorno buttiamo via e che in realtà, oltre a rappresentare la maggiore quantità di vitamine, antiossidanti, fibre, rappresenta anche terreno fertile, acqua potabile e aria che vengono sfruttate per produrre cibo che viene buttato via. In generale, il mio mantra è quello di cercare l’opzione più “green”, l’opzione più sostenibile e a minore impatto ambientale tra quelle che abbiamo di fronte. Di chiedermi sempre: “Questa cosa mi serve davvero?” “È davvero una cosa utile?” oppure ancora: “Sono sicura che questa sia davvero l’opzione più sostenibile?”, “Che sia la migliore sotto ogni punto di vista?”. Essenzialmente, cerco di far sì che il fattore ambientale sia presente in tutti i miei criteri di scelta, siano questi relativi ai comportamenti o agli acquisti, anche per quanto riguarda l’estetica, la funzionalità o il prezzo. Non mi precludo alcun tema. Nel mio ultimo libro “Il dilemma del consumatore green” (Gribaudo, 2021) tocco qualsiasi argomento, dagli pneumatici, alla scelta degli arredi per la casa, ad alcune opzioni che riguardano, per esempio, i bambini. Inoltre, in questo momento sto lavorando a un nuovo libro dedicato proprio alla famiglia “green” e alle scelte che si trova ad affrontare chi è in attesa o ha già un bambino.

A proposito di questo, qual è secondo te il ruolo che riveste l’azione del singolo in un dibattito che si inserisce in una dimensione più globale?

Credo che i cambiamenti dall’alto arrivino in alcuni casi anche perché dal basso c’è una maggiore attenzione e richiesta. Ci sono stati tanti casi in cui grandi aziende si sono dovute adeguare rapidamente – modificando processi produttivi, materiali e sostanze utilizzate – perché dal basso i consumatori hanno cominciato a chiedere questo cambiamento. E questo cambiamento, seppur piccolo, è epocale: quando un’azienda cambia la lista degli ingredienti di un prodotto storico, elimina una sostanza come il bisfenolo A per esempio (sostanza chimica usata principalmente per produrre plastiche per uso alimentare ndr) perché si scopre che è dannoso, è una rivoluzione. Sono quindi profondamente convinta dell’importanza che il singolo abbia consapevolezza di questi temi, sia aggiornato ed eserciti il proprio potere di acquisto per condizionare il comportamento delle aziende e delle politiche governative. Oltre a questo, si aggiunge anche il fatto che l’individuo ha una grande influenza sulle persone a lui o lei vicine come i vicini di casa, i parenti o gli amici. Esiste quindi anche un potente “effetto emulazione” che permette di modificare i comportamenti individuali. Naturalmente non possiamo avere la visione utopistica che il solo comportamento individuale possa dirimere la questione relativa ai cambiamenti climatici ma è innegabile che abbia comunque un potenziale non trascurabile. Il mio è un messaggio che vuole sensibilizzare le persone affinché facciano la loro parte, si informino e alzino l’asticella di che cosa è tollerabile e cosa no da un punto di vista ambientale. Tutto ciò è fondamentale per poi aspettarci un cambiamento dall’alto. Sono questi temi complessi che cerco di divulgare utilizzando anche canali “più leggeri” come Instagram.

Nella tua esperienza, nel tuo ambito lavorativo, qual è il posto della donna in questo dibattito? Nei temi che tratti, come emerge il ruolo della donna?

Secondo molti studi, le donne hanno solitamente una maggiore attenzione e sensibilità ai temi ambientali. Per que sto, sicuramente sono le principali promotrici di cambiamento e di innovazione per quanto riguarda una maggiore sostenibilità ambientale, in ambito scientifico, accademico, e anche come influencer. È interessante notare come su Instagram i principali influencer “green” siano per la maggior parte donne, donne che hanno quindi un importante ruolo nell’attività comunicativa. Se andiamo a vedere nell’agricoltura, le donne spesso svolgono un ruolo molto importante e sono in prima linea nelle scelte che vengono fatte nel campo e per il sostentamento della famiglia. In generale, nell’agroecologia la donna ha un ruolo di primo piano. Certamente c’è ancora bisogno di aiuto e maggiore attenzione perché purtroppo le discriminazioni continuano ad esistere su più livelli, in più ambienti e ambiti, e spesso molte idee di cui tante donne sono portatrici non riescono ad esplicarsi al meglio perché meno ascoltate. Inoltre, le donne hanno meno opportunità di assumere ruoli di comando dove si ha la possibilità di sviluppare e rendere concrete proposte. Nonostante questo, ci sono tanti esempi di donne a cui il coraggio non è mancato e che hanno fatto la differenza. Sicuramente, rafforzare e creare alcuni network di supporto a donne portatrici di idee e di innovazione sulla sostenibilità può essere molto utile per favorire una transizione verso sistemi a minore impatto ambientale. Per quanto riguarda il futuro, mi aspetto che ci siano nuove leve che abbiano questa sensibilità e che portino avanti queste tematiche con forza visto anche che chi fa divulgazione ambientale sono soprattutto donne giovani (penso, ad esempio al movimento di “Fridays for Future” ). Sono convinta che queste ragazze svolgeranno un ruolo molto importante in futuro e mi auguro che arriveranno a sfere di potere anche politiche, un ruolo sempre più di primo piano nell’ambito dell’ambiente e della lotta ai cambiamenti climatici.

Quali sono i tre consigli principali che daresti per essere una cittadina/un cittadino ecoresponsabile?

Innanzitutto, di non accontentarsi al momento di fare acquisti e di cercare di fare la migliore scelta dal punto di vista ambientale sfruttando tutte le informazioni che abbiamo a disposizione, controllando sul prodotto o sul sito dell’azienda. In secondo luogo, esigere un maggior impegno da parte dei decisori politici e delle aziende per quanto riguarda l’ecosostenibilità. Alcuni consigli pratici potrebbero essere cercare di consumare principalmente cibi vegetali, locali e di stagione, meglio se biologici, e ridurre il più possibile gli acquisti limitandosi a ciò che è veramente indispensabile. Come ultimo spunto, valutare sempre l’usato come opzione poiché ha un impatto ambientale meno della metà di un prodotto nuovo, oltre a costare la metà.

“Non dobbiamo accontentarci al momento di fare acquisti ma dobbiamo fare la migliore scelta dal punto di vista ambientale”

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