di PAMELA CIONI
Quanti di noi dovranno ancora morire?” Lo ripete più volte Adriano Karipuna, leader nativo del popolo Karipuna di Rondonia in Brasile e figura simbolo della resistenza dei popoli indigeni dell’Amazzonia, durante il suo lungo viaggio in Italia. Un viaggio che, accompagnato da COSPE, lo ha portato a incontrare tante realtà diverse: istituzioni, associazioni, giovani attivisti e attiviste. Indossando il copricapo piumato tradizionale delle occasioni ufficiali, ha lanciato appelli e ribadito i pericoli che minacciano il suo popolo e in particolare gli attivisti che, come lui, cercano di opporsi.
Quali sono le principali minacce per la foresta e per il vostro popolo?
Siamo vittime di deforestazione selvaggia, dell’inquinamento provocato delle imprese minerarie che distruggono i nostri territori sacri, e ancora dei tanti invasori che arrivano nelle nostre terre per depredarle: garimpeiros (cercatori d’oro), taglialegna e allevatori di bestiame. Oggi tutto il nostro territorio, ormai ridotto a soli 152.000 ettari di foresta primaria, è costantemente minacciato da distruzione. Spesso i coloni arrivano imbracciando le armi. Reclamano le terre e se le prendono: prima iniziano a tagliare e portare via legname di valore, poi bruciano la vegetazione restante e la trasformano in pascolo, e così i fiumi si seccano, gli uccelli si estinguono. La frontiera agricola si sta mangiando tutta l’Amazzonia e la foresta sta morendo. Con Bolsonaro, negli ultimi 4 anni, le cose sono drasticamente peggiorate.
I Karipuna hanno anche intentato causa al governo federale.
Sì abbiamo denunciato almeno 31 concessioni illecite nei nostro territori. Si parla di appezzamenti che vanno dal’1 ai 200 ettari. I nostri territori tra l’altro sono stati ufficialmente riconosciuti dallo Stato nel 2007, ma questi riconoscimenti sono rimasti lettera morta. Sono molte le aspettative dei popoli amazzonici verso il nuovo governo. Senza un sostegno da parte istituzionale non solo la foresta ma anche noi rischiamo di sparire.
Insieme alla distruzione della foresta si consuma infatti anche un lento genocidio. I popoli indigeni dell’Amazzonia sono a rischio di sopravvivenza.
Sì, molti, come i Karipuna, sono proprio a rischio di estinzione. Eravamo 10mila all’inizio del ‘900, oggi siamo poche decine. Insieme alla biodiversità, agli ecosistemi millenari, alle falde idriche, vengono messi a serio rischio anche le popolazioni che la foresta la abitano: malattie, difficoltà a trovare materie prime e risorse con cui vivere. I territori si spopolano, chi non muore scappa verso le città e con le persone spariscono culture, tradizioni e lingue. Oggi la nostra è una storia di pura resistenza. Dico sempre infatti: “per esistere, dobbiamo resistere!” Ma abbiamo anche bisogno di aiuto e sostegno di tutti e tutte voi.
In che modo possiamo contribuire alla resistenza Karipuna e alla sopravvivenza della foresta?
L’Europa deve boicottare i prodotti brasiliani come soia, carne di bovino e di maiale, pesce, legno, minerali, che sono la causa della distruzione della foresta, della nostra casa. Il 90% delle terre deforestate infatti diventano pascoli e piantagioni di soia, per garantire carne ai consumatori cinesi, europei, nordamericani e superprofitti a tutti gli attori di questa economia predatoria. Chiediamo all’Europa di mettere un freno non importando più prodotti frutto di attività illegali in Amazzonia, ma anche ai singoli consumatori di fare attenzione a quello che mangiano. Per questo con COSPE abbiamo sottoscritto anche il manifesto degli stili alimentari “Io mangio il giusto”. Piccoli gesti quotidiani, attenzione a come e quanto si consuma, possono aiutare chi dall’altra parte del mondo lotta ogni giorno per la propria vita.