di ROBERTO BENSI
I Cofan sono un popolo indigeno che da millenni vive nei territori della selva amazzonica tra Colombia ed Ecuador, intento a custodire la propria terra per mantenere l’integrità di quest’area oggi minacciata da pratiche predatorie quali l’estrazione di minerali, l’agricoltura e l’allevamento abusivi. Nel contesto delle lotte per l’accaparramento delle risorse legate all’agroindustria, questi territori sono anche zone contese da gruppi militari e paramilitari che rendono la vita difficile soprattutto per le donne. Yorli Lazo Queta è una Cofan e una “guardiana dell’acqua”, della comunità “Nuova Isola”“La Hormiga” nel Putumayo (Colombia) e con lei abbiamo avuto la possibilità di approfondire le questioni legate all’Amazzonia e al suo sfruttamento, ai popoli indigeni che lo vivono e alla situazione sociopolitica del territorio.
Cosa significa per te essere “guardiana dell’acqua”?
Sono diventata guardiana perché prima di tutto noi siamo guardiani per natura, ce lo abbiamo nel sangue. Quando sono tornata a “La Hormiga”, dopo aver studiato a Popoyan e aver fatto per un po’ l’insegnante, tra mille difficoltà dovute alla guerriglia e al fatto che fossi una delle poche donne, avevo nuove aspettative quindi ho studiato per il diploma di turismo con “Aleanza Tejedora de vidas”, un’associazione locale. Eravamo 80 donne e come parte del diploma dovevamo inventare una nuova iniziativa turistica. Io, insieme ad altre donne Pasto, Inganas e altre contadine abbiamo presentato un’iniziativa che si chiamava “Dietro alle impronte ancestrali” vincendo il primo posto. Questo progetto mi ha dato visibilità e così, quando nel 2006 è nata l’iniziativa delle “guardiane dell’acqua” mi chiamarono. Mi piace molto l’essere donne guardiane. Sono guardiana della Natura perché sono Cofan.
Spiegaci meglio la relazione tra popolo Cofan e la difesa del territorio.
Per noi è importante rispettare il mandato che ci ha lasciato Chigas, (dio immanente che vive nella foresta ndr). Chigas è il nostro essere spirituale che ci ha creato, il padre superiore che ha creato la natura e tutto quello che ci circonda, lui ci ha lasciato qui a proteggere – come fratelli e sorelle maggiori – questo territorio con gli animali, gli spiriti. Noi senza il nostro territorio non possiamo esistere: nella nostra terra troviamo le medicine per curarci, nelle montagne gli animali per mangiare, nei fiumi i pesci da pescare. Anche la spiritualità ha tanto a che fare con la natura, nel passato si diceva che i Cofan si trasformassero in tigri. Credete che ci siamo dimenticati come diventarlo? No! È solo che ci hanno tolto il territorio e se un “Curaja” (sciamano) si trasforma in tigre, dove corre? Per questo il territorio è importantissimo: per sopravvivere, per la salute, per l’alimentazione, per la spiritualità e anche per i nostri tessuti, semi, per tutto quello che si può trovare in natura.
Cosa fanno le guardiane dell’acqua?
Facciamo laboratori sull’ambiente, il clima, l’inquinamento ma ci interessiamo anche al piano territoriale del municipio. Il piano territoriale è molto datato e non è cambiato negli ultimi 20 anni. Questo crea disastri, costruzioni in zone pericolose e, come sempre, le persone più colpite sono le più povere, spesso donne. Inoltre ci troviamo sempre di più a lavorare con i bambini, promuovendo dei laboratori sulla raccolta differenziata e sull’importanza di svolgere piccole azioni contro l’inquinamento come, per esempio, smettere di buttare la spazzatura nel fiume. In prima persona ho anche seguito azioni con il governatore in qualità di sindaco maggiore (vicegovernatore) quando volevano portare qui nella comunità le discariche. La questione dei rifiuti e la mancanza di conoscenza del problema è una delle più grandi criticità nelle nostre comunità.
Ti hanno mai minacciato su questi temi come guardiana dell’acqua?
Nella comunità abbiamo un conflitto con la giunta comunale perché siamo indigeni, ci dicono che non siamo di qua e che non esistiamo. Ci minacciano e sono i responsabili della proposta di portare qui le discariche in questo territorio. Mi hanno minacciato anche a scopo di estorsione. La prima volta che mi chiamarono, mi intimarono di andarmene perché facevo cose che non andavano bene (ovvero azioni per migliorare il territorio). Minacciarono che avrebbero ucciso tutta la mia famiglia… Uno all’inizio prende paura ma poi a poco a poco ci si abitua. Mi chiamano ancora ogni tanto, è una situazione molto delicata e devo stare attenta.
Avete problemi di deforestazione, inquinamento da parte di grosse aziende in quest’area?
Il grande problema qui sono le coltivazioni illecite: una montagna molto antica è stata deforestata per seminare coca e tutti i veleni che vengono usati e gettati nei burroni… Questo è un rischio per noi, per gli spiriti: nella nostra credenza una volta che gli spiriti se ne vanno non tornano.
Qual è il tuo contributo come donna e come guardiana dell’acqua nella comunità Cofan?
Dare visibilità alle donne! Mi interessa che le donne non stiano sempre dietro agli uomini, la mia idea non è lasciare indietro i mariti ma cooperare, far sapere che abbiamo anche noi voci, opinioni, senza limiti di sorta. Nel tempo e con le mie esperienze all’esterno, mi sono resa conto sempre di più dell’invisibilità delle donne all’interno della nostra comunità. Anche se le donne erano la colonna portante in molte situazioni – in casa, alla tessitura, in agricoltura ecc… – proprio le donne non erano viste, non veniva riconosciuto il loro ruolo. Sono figlia di una donna che ha lavorato, lottato per il popolo Cofan, ed il suo lavoro non è mai stato valorizzato. Anche il linguaggio lo dimostra: per riferirsi a una persona si parla sempre di “è figlio del Taita (abuelo/nonno)” e mai “è figlia di una donna”. Adesso è per noi tempo di riscatto e affermazione. Vorrei riuscire a unirci e creare nuove iniziative.
Cosa diresti alle persone che ti leggono in Italia?
In questo angolo del pianeta esistono i Cofan, i guardiani e le guardiane della natura, dello spazio, degli spiriti e degli antenati. Invito tutti a proteggere la Natura, dobbiamo prendercene cura per il benessere di tutti, non solo per noi, ne va della sopravvivenza del pianeta.