“Sono qui per cambiare le cose”.

Intervista ad Angelica Polmonari di Pamela Cioni e Giulia Pugnana

Prima presidente donna di Arcigay Modena “Matthew Shepard”, da novembre 2024 è stata riconfermata come parte del Consiglio Esecutivo di Ilga World (la più grande e importante federazione globale Lgbtqia+ composta da 2000 associazioni di 170 paesi del mondo). Con la sua rielezione a presidente del Comitato Direttivo delle Donne, Womenʼs Committee, dopo un primo mandato (2022- 2024), Angelica Polmonari, 32 anni, attivista, lesbica e transfemminista in pochi anni è riuscita a passare dal mondo dellʼattivismo locale a quello globale: “Due dimensioni che si completano e che necessariamente devono dialogare” ci racconta. Con lei abbiamo parlato dello stato dei diritti Lgbtqia+ in Italia e nel mondo, delle attività di Ilga World e della sua lunga storia di impegno.

 

La società civile italiana esce protagonista dalle ultime conferenze di Ilga del 2024 (Ilga World e Ilga Europe) con tre italiani/e eletti/e in ruoli di vertice. Questo riflette certamente decenni di attivismo nel nostro paese, ma forse anche lʼurgenza di un più forte impegno internazionale alla luce della crescita dei movimenti anti-gender e anti-rights che hanno connessioni su scala globale? Sicuramente è stato in primo luogo ripagato lʼimpegno che sia io che anche Yuri Guaiana e Rosario Coco, rispettivamente nuovi Co-Secretary di Ilga World (il più alto grado possibile) e Board Member di Ilga-Europe, abbiamo messo nei nostri incarichi a livello locale e nazionale per anni. Nel mio caso tutto il lavoro internamente ad Arcigay Modena e anche il mio percorso professionale: ho lavorato a lungo come Consulente Tecnica e Project Manager per istituzioni ed enti per i diritti umani e, più specificamente, Lgbtqia+ ed anche nella cooperazione internazionale, ed è in questo ambito che ho avuto esperienze di livello internazionale, e questo è contato. Di sicuro poi cʼera la mia disponibilità e la mia predisposizione a spendermi per le questioni Lgbtqia+, anche a dimensioni più impattanti, per arrivare, con Ilga World, fino ai meccanismi delle Nazioni Unite. Mentre Yuri ha sempre avuto un ruolo più politico, prima come rappresentante del ramo regionale europeo centroasiatico, ed ora nel ruolo apicale di Co-Secretary General della federazione globale, io, internamente ad Arcigay, ho sempre fatto un lavoro più legato alla società civile. Quindi credo proprio che i nostri percorsi siano emblematici e complementari perché siamo due attivisti che in età diverse e in anni diversi si sono spesi moltissimo a livello locale e nazionale in Italia, al punto da essere riconosciuti proprio come attivisti validi da un punto di vista tecnico per poter approcciare spazi come quelli della federazione Ilga. Certo, il passaggio dalla mia dimensione a quella della governance di una grande organizzazione non è stato subito facile, si tratta di un lavoro molto tecnico e di approfondimento: Ilga World è unʼorganizzazione molto complessa (più di 20 persone staff members che lavorano in tutto il mondo e 20 persone board members provenienti dalle sei distinte regioni del mondo ndr) e la sola passione non basta. Da attivista devi fare un salto di qualità.

Come si configura, allʼinterno di una associazione così grande, questo passaggio da locale a globale che è un poʼ la tua cifra? Come si concretizza nelle attività?

Ilga è composta da 6 rami regionali, io sono nel board globale, ma sono in contatto continuo con il ramo regionale, Ilga-Europe, che negli ultimi anni ha giocato un ruolo chiave per la situazione italiana. Ad esempio, Ilga-Europe in qualità di ente sovranazionale ed osservatore, ha partecipato a quella che è stata unʼassemblea pubblica delle associazioni Lgbtqia+ italiane che si è svolta a Roma lo scorso 29 marzo e in cui si è riunito il movimento nazionale per la definizione di una strategia comune in vista del 17 maggio, giornata internazionale contro lʼomo-lesbo-bi-trans-intersex-a-fobia, e a causa di tutto quello che sta accadendo nel nostro paese: ci sono stati già ormai 15 episodi attacchi a omolesbotransfobici in Italia da inizio anno. Siamo poi in stretto contatto per tutto quello che riguarda lʼadvocacy, le attività di lobby e le campagne di comunicazione.

Quali sono i punti centrali della strategia, della politica di Ilga World rispetto al contrasto alle discriminazioni e alle crescenti politiche anti diritti e antigender?

Ilga World è attiva principalmente in due ambiti, molto interconnessi, quello della ricerca e quello dellʼadvocacy. Abbiamo recentemente lanciato lʼIlga World Database, il database socio-giuridico più ampio e più strutturato a livello globale, in cui si sono mappati tutti i paesi in base a dati qualitativi e quantitativi, che restituiscono una fotografia dello stato dei diritti Lgbtqia+ in ogni contesto. Si tratta di un patrimonio enorme a disposizione di tutte le associazioni, che vogliano fare azioni di pressione e incidenza perché è fondamentale legittimare con i dati le proprie pretese di cambiamento sociale. Ma è anche uno strumento utile per i governi, le Ong e i media. Ilga-Europe fa lo stesso a livello europeo e lo strumento si chiama Rainbow Map. Una mappa dei 49 paesi del continente europeo, con lo stesso obiettivo: capire dove siamo con i diritti e rendere disponibili quanti più dati possibili. Sulla base di questo patrimonio, Ilga World fa poi il lavoro di advocacy, in collaborazione anche con altre federazioni e coalizioni internazionali, spendendosi sempre di più allʼinterno dei meccanismi della Nazioni Unite.

Ilga World riunisce moltissime organizzazioni di base. Come vengono rappresentate le loro istanze dentro questi organismi internazionali?

Ilga World si impegna a dare parola alle persone attiviste e lo fa proprio durante quelle che sono le sessioni chiave dei meccanismi delle Nazioni Unite. Recentemente cʼè stata la CSW, la Commission for the Status of Women, a New York. In questa occasione Ilga World ha organizzato una delegazione di persone attiviste da tutto il mondo che ha portato testimonianze sulla condizione delle persone lbtqia+, quindi delle donne lesbiche, bisessuali, transgender, queer, intersex e non binarie. Tutte loro hanno avuto la possibilità di portare il proprio vissuto quotidiano nei differenti paesi in questo consesso e di portare istanze dal basso in spazi così importanti ed ancora non particolarmente accoglienti per le persone Lgbtqia+. Un modo per visibilizzare lʼesistenza di queste persone e anche per restituire la tangibilità dei fenomeni. Allʼinterno delle Nazioni Unite sono sempre di più gli eventi pro-life e anti rights, rispetto a quanti non siano invece gli eventi Lgbtqia+ focused. Definirei il lavoro che fa Ilga un lavoro di rappresentanza, raccordo tra dimensione locale e quella internazionale dellʼattivismo Lgbtqia+ ma anche di resistenza quotidiana, in cooperazione continuativa con le organizzazioni membre.

Per tornare in Italia, nellʼultimo report di Ilga-Europe 2024, il nostro paese si trova agli ultimi posti dʼEuropa per la garanzia dei diritti delle persone Lgbtqia+, dopo lʼUngheria. Quali sono gli impatti sulle persone Lgbtqia+ delle politiche del Governo Meloni e cosa è più urgente in Italia?

Mi sento dire che in Italia il vacuum più evidente sia quello normativo, confermato dal fallimento dellʼiter parlamentare del Ddl Zan, ovvero quello tale per cui il paese non possegga una legge antidiscriminazione che prevenga e punisca esplicitamente la violenza di matrice omo-lesbobi-trans-intersex-a-fobica: tutti quei casi che sono già avvenuti fra gennaio 2025 e oggi, non possono essere perseguiti debitamente. LʼItalia, tra lʼaltro, è lʼultimo dei paesi fondatori dellʼUnione Europea, che non dispone di una legge antidiscriminazione e non a caso nellʼultimo ranking di Ilga Europe ha registrato un punteggio molto basso. In Italia esistono solo due leggi che prevedono il divieto di discriminazione sul luogo di lavoro e che sono leggi di recepimento di normativa europea. A livello nazionale non è presente nessuna legge che punisca lʼodio omolesbobitransfobico. Lʼurgenza sarebbe che a livello parlamentare si potesse anche solo ricominciare a discutere di una legge del genere. Inoltre, in Italia stiamo lavorando da anni in contrasto rispetto alle nuove politiche esplicitamente antifamiglia in senso ampio, nel senso che è prevista solo una famiglia, quella tradizionale, eterocispatriaarcale. Ma aggiungo che un grosso impatto, anche in Italia ce lʼhanno già anche le politiche di Trump. Lo vedo anche solo dal mio osservatorio su Modena: il gruppo Trans e Non Binario di Arcigay Modena, molto attivo negli ultimi anni, ha preferito non esporsi pubblicamente in occasione dellʼultima giornata della Visibilità Transgender (il 31 marzo ndr), per paura di attacchi e ritorsioni. Questo clima ha un effetto molto inibitorio sulle persone più fragili e non frontliners: soprattutto per le persone trans, perché comunque lʼItalia secondo il ranking annuale di Transgender Europe è il paese con il più alto numero di transcidi (omicidi di persone trans ndr). Oltre al fatto che il nostro paese ha una legge obsoleta vertente sulle esistenze delle persone transgender, che sono quelle che soffrono di più e che davvero hanno maggiormente bisogno di supporto psicosociale e sanitario e pensare che in Italia per ottenere la rettifica della propria anagrafica di riferimento, in realtà, si debba affrontare un iter giudiziario che culmina in una sentenza, ci fa capire quanto il nostro paese non sia al passo con le esigenze della popolazione. Facciamo molto lavoro su tutto questo, ma sarebbe opportuno avere un movimento italiano molto più unito e coeso per ottenere maggiori risultati.

In effetti dietro la sigla comune Lgbtqia+ sappiamo ci sono mondi, istanze, equilibri e anche poteri diversi. Cosa comporta tutto questo a tuo parere?

Il quadro interno al movimento del Lgbtqia+ è molto complesso, rappresentativo di istanze anche spesso non amalgamabili. Per questo, il ruolo di enti come Ilga-Europe ed Ilga World è cruciale per far comprendere che, per poter ottenere dei reali cambiamenti è necessario che almeno il fronte nazionale di riferimento sia unito, soprattutto in questo momento. Io penso che ci debba essere unità, anche accettando compromessi, affinché le istituzioni comprendano davvero la serietà degli eventi che stanno accadendo anche perché sono tempi davvero complessi e bui. In questo clima pesante e oscurantista, secondo te ci sono le condizioni anche di unire movimenti diversi e quindi avere unʼagenda italiana più intersezionale? Certo e in molti casi lo facciamo, penso a dei casi concreti. Arcigay, a vari livelli ed in distinti contesti territoriali, coopera con, tra le altre entità, centri antiviolenza, Non Una Di Meno (Nudm) ed enti che si occupano principalmente dei diritti delle donne e dei diritti sessuali e riproduttivi; inoltre, ci sono spesso partnership anche con i movimenti ambientalisti, come i Fridays for Future. Spesso sono persone giovani Lgbtqia+ che si confrontano con altre persone giovani di tutta Italia, su quella che dovrebbe essere unʼagenda comune della gioventù. Il tempo è ora, perché come dicevamo prima, evidentemente la popolazione delle Lgbtqia+ sola non è in grado di esercitare la pressione sulle istituzioni che sarebbe necessaria. È importante che ci possa essere un focus Lgbtqia+ anche in altre battaglie e questo sta accadendo. Un altro dato negativo che accomuna tutti i movimenti in questo momento in Italia, ma non solo, è la restrizione proprio dello spazio civico, assistiamo a costanti repressioni dei diritti dʼespressione, protesta e associazione. Quindi in senso globale questa è unʼaltra cosa che accomuna tutti gli attivisti che forse richiede uno sforzo comune anche come risposta.

Tornando ad Arcigay e alla tua storia di attivismo. Sei stata la prima presidente lesbica e transfemminista. Che percorso è stato, cosa ha significato?

Sono approdata in associazione come beneficiaria nel 2019, dopo il primo Modena Pride, ma sono arrivata proprio con lʼintento di cambiare le cose, lo ammetto. Sono arrivata in associazione dopo una storia di violenza personale, dicendo “sono qui, sono pronta e non solo voglio trarre beneficio dai servizi dellʼorganizzazione, ma se posso, voglio renderla ancora più rappresentativa e più inclusiva nei confronti delle istanze di tutti i vari segmenti della comunità”. In quel momento lʼassociazione a Modena, come anche a livello nazionale, era ancora predominantemente gay, molto maschile e molto patriarcale. Quando la classe dirigente uscente mi ha chiesto di candidarmi, non me lo aspettavo, e rivivo quel momento con grande emozione. Tra lʼaltro, questa elezione ha temporalmente coinciso con quella di Presidente del Comitato delle Donne di Ilga World. Nellʼarco di un mese si sono realizzati due sogni straordinari.

E come è cambiata lʼassociazione con la tua Presidenza?

È cambiata molto. La leadership dellʼassociazione è femminile, ampia, transfemminista e anche estremamente trans-oriented, e cʼè anche una forte presa in carico nei confronti delle persone più deboli della comunità. Quello che abbiamo fatto, la mia Vicepresidente, Elisa Fraulini, ed io, una volta assunta la guida dellʼassociazione, è stato creare spazio, perché è quello che a noi è mancato per così tanto tempo. Per 22 anni, allʼinterno dellʼassociazione, ha dominato solo una lettera di tutto lʼacronimo, quindi quello che abbiamo fatto noi, non con poca fatica, è stato, una volta acquisito lo spazio, aprirlo a più soggettività possibili. Infatti, si è creato, tra gli altri, un Gruppo Trans e Non Binario e ora lʼassociazione è molto più viva di quanto non fosse prima. Oggi numerosi sono i gruppi identitari ed operativi attivi in associazione, tra cui, oltre ad un Gruppo Donne transfemminista ed un Gruppo Trans e Non Binario, il gruppo salute, il gruppo sport, il gruppo teatro, il gruppo merchandising. Lʼassociazione si è arricchita sia a livello identitario che a livello operativo e lavora moltissimo.

Quindi i tuoi prossimi impegni come chief delle womenʼs committee?

Prima di tutto, in occasione della Giornata Internazionale della Visibilità Lesbica (26 aprile), ho lavorato, in coordinamento con lo staff di Ilga World, ad una campagna globale di comunicazione di Diva Magazine in collaborazione con Ilga World sul tema delle famiglie non conformi. Una serie di testimonianze da parte di attiviste Lgbtqia+ che lavorano in varie regioni del mondo, madri/ persone genitrici biologiche e/o sociali, o che si occupano di promuovere pari diritti familiari per persone non eterosessuali. Ho coinvolto, tra le altre, una coppia di madri lesbiche di Padova, Daniela Ghiotto e sua moglie Valentina Bagnara, che hanno subito lʼimpugnazione del certificato di nascita della propria figlia. Questo è anche un esempio per restituire quello che si può fare per il proprio paese internamente un ente così ampio, ovvero fornire risonanza a stoiche battaglie quotidiane dal basso per una società equa e non lesiva. È una campagna importante, di cui sono molto contenta e di cui sentirete parlare.

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