Intervista a Francesca Vecchioni di Azeb Lucà Trombetta
Francesca Vecchioni è una voce molto influente, in Italia e in Europa, sui temi dellʼinclusione e della valorizzazione delle differenze. Attivista per i diritti civili, manager culturale e imprenditrice sociale, ha fondato la Fondazione Diversity nel 2013 con lʼobiettivo di unire mondo della ricerca, media, cultura e impresa in una visione condivisa: costruire una società più equa, giusta e inclusiva. Francesca ha saputo trasformare il proprio percorso personale – e la sua esperienza come madre lesbica – in un motore di impegno pubblico. DiversityLab nasce da questa urgenza di dare strumenti concreti, visibilità e voce alle molte soggettività ancora marginalizzate. Tra i progetti più noti ci sono i Diversity Media Awards, un evento annuale che celebra le migliori rappresentazioni inclusive nei media italiani e il Diversity Brand Summit, dedicato alla misurazione dellʼimpatto dellʼinclusione nel mondo aziendale. A questi si affianca il Diversity Brand Index, uno strumento di analisi e monitoraggio che valuta le performance dei brand italiani in termini di inclusività percepita e reale. Recentemente è stato lanciato anche Diversity Find, un progetto che ha lo scopo di rendere lʼaudiovisivo più accessibile e inclusivo anche per le persone con disabilità. Lʼobiettivo principale di Diversy Find è connettere talenti appartenenti a gruppi sottorappresentati con opportunità professionali nel settore dei media e dellʼintrattenimento, valorizzando nuove idee e professionalità e dando loro lʼopportunità di emergere e contribuire a una rappresentazione più inclusiva e autentica della società. Abbiamo intervistato Francesca Vecchioni per capire in che direzione stiamo andando su questi temi.
Francesca, come nasce il tuo impegno per la diversità, lʼequità e lʼinclusione? Cʼè stato un momento particolare che ti ha spinto a dedicarti a queste tematiche?
Il mio impegno per la diversità, lʼequità e lʼinclusione nasce circa quindici anni fa con la Fondazione Diversity. Lʼidea iniziale era molto chiara fin dallʼinizio: volevamo intervenire nella società in maniera positiva, usando strumenti concreti, come la ricerca e i dati, e soprattutto la comunicazione, per stimolare un cambiamento culturale. Allʼepoca, infatti, chi lavorava su questi temi erano principalmente attivisti, attiviste, persone legate al mondo politico o a realtà associative. Mancava una connessione con la società civile e soprattutto con quei settori, come i media e le aziende, che hanno una grande influenza sullʼimmaginario collettivo e sulla vita quotidiana delle persone. Abbiamo deciso di concentrare i nostri sforzi in particolare sui media, perché crediamo fortemente che la comunicazione influenzi profondamente la percezione delle persone e contribuisca a formare lʼimmaginario collettivo. Film, programmi televisivi, telegiornali, giornali e personaggi pubblici hanno un ruolo centrale nella rappresentazione della realtà. Se manca una rappresentazione corretta, sia qualitativamente che quantitativamente, si rischia di marginalizzare ulteriormente alcune categorie sociali. Abbiamo capito fin da subito che la rappresentazione mediatica era uno degli strumenti più potenti per sensibilizzare lʼopinione pubblica e creare consapevolezza sulle reali esigenze di inclusione. Parallelamente, abbiamo compreso lʼimportanza cruciale delle aziende, perché la dimensione lavorativa rappresenta per molte persone la maggior parte del tempo trascorso ogni giorno. Le aziende, inoltre, hanno dimostrato negli anni di poter anticipare anche certe scelte della politica in tema di inclusione e diversità. Un ambiente aziendale inclusivo permette alle persone di essere autentiche e di esprimere appieno il loro talento, cosa che si traduce in vantaggi concreti anche per lʼazienda stessa. Non si tratta solo di unʼazione eticamente giusta, ma anche strategicamente efficace: unʼazienda inclusiva è più innovativa, più attrattiva e più competitiva.
Perché avete scelto proprio il mondo dei media come area di intervento privilegiata?
Abbiamo scelto il mondo dei media perché siamo convinti che siano un elemento chiave nel cambiamento sociale. Attraverso la comunicazione si creano percezioni, stereotipi o al contrario si possono abbattere pregiudizi e discriminazioni. Quando una rappresentazione mediatica è corretta e rispettosa delle diversità, permette al pubblico di comprendere davvero chi sono le persone che formano la società e quali sono le loro reali necessità e richieste. Una corretta rappresentazione può trasformare profondamente lʼimmaginario collettivo e influenzare in positivo la cultura di un paese. In questi anni abbiamo lavorato intensamente con produttori, registi, autori, giornalisti e personaggi pubblici per sensibilizzarli e formarli su come affrontare correttamente i temi della diversità e dellʼinclusione. È un lavoro che richiede tempo, pazienza e costanza, ma che abbiamo visto portare risultati molto significativi.
Perché avete puntato anche sulle aziende private e il mondo del lavoro con i progetti di monitoraggio e formazione aziendale?
Perché rappresentano un ambiente cruciale per la vita delle persone e hanno un enorme potenziale di impatto sulla società. Oltre a influenzare la vita quotidiana dei lavoratori, le aziende hanno il potere di incidere profondamente sulla cultura organizzativa e sulle politiche pubbliche. Abbiamo capito che aiutare le aziende a sviluppare percorsi concreti di inclusione poteva rappresentare un cambiamento strutturale e sostenibile nel tempo. Inoltre, le aziende che si impegnano seriamente nellʼinclusione e nella diversità riescono a valorizzare il talento interno, aumentare la loro capacità di innovazione e comunicare meglio con clienti e stakeholder. È un investimento che, se fatto correttamente, porta benefici concreti e misurabili, sia a livello sociale che economico.
Negli anni avete evoluto il vostro progetto iniziale, creando una società di dd
Questa evoluzione è stata naturale, quasi necessaria. Abbiamo capito che per aiutare le aziende a implementare davvero strategie efficaci di inclusione non bastava solo sensibilizzare, era necessario accompagnarle in un percorso di trasformazione reale. Così abbiamo creato una società di consulenza, uno spin-off della fondazione Diversity, che si occupa proprio di fornire strumenti concreti alle organizzazioni per realizzare questo cambiamento. Abbiamo chiamato questo approccio Diversity Transformation, una metodologia che permette alle aziende di utilizzare la diversità e lʼinclusione come leva strategica per la crescita e lʼinnovazione.
Vogliamo connettere i temi della diversità, equità, inclusione allo società civile, media e aziende
Qual è il principale ostacolo che hai incontrato nel promuovere inclusione e diversità nelle aziende?
Lʼostacolo più grande è rappresentato dalle resistenze interne, che spesso derivano da una scarsa consapevolezza o da pregiudizi profondamente radicati. Molti dirigenti e decisori non riescono a vedere chiaramente i benefici concreti della diversità, o preferiscono ignorarli per paura di cambiare lo status quo. A volte manca semplicemente il coraggio o la volontà di intraprendere percorsi di cambiamento che richiedono impegno, risorse e pazienza. È fondamentale, quindi, lavorare con i leader aziendali per aumentare la loro consapevolezza sui vantaggi strategici della diversità e dellʼinclusione, e abbattere passo dopo passo le barriere culturali e organizzative che impediscono un reale cambiamento.