“IO HO MOLTO PECCATO”

Intervista a Mona Eltahawy di Laura Subissi e Emma Berselli

Mona Eltahawy, attivista e giornalista egiziana naturalizzata statunitense, è la leader di Mosque Me Too, un movimento di denuncia degli abusi sessuali sulle donne musulmane negli spazi religiosi. Nel novembre 2011, nel pieno della primavera araba, la polizia antisommossa egiziana l’ha arrestata al Cairo, in piazza Tahrir, l’ha picchiata, rompendole il braccio sinistro e la mano destra, aggredita sessualmente e detenuta per dodici ore. “Per due mesi, mentre le mie mani erano paralizzate, non ho potuto far altro che chiedermi se il mio corpo fosse veramente mio” ci racconta mentre ci mostra il tatuaggio della dea egizia Sekhmet sul suo braccio sinistro. Con la sua newsletter dal nome “The Feminist Giant” dà voce a femministe di tutto il mondo: il suo scopo è innanzitutto di ricordare che le donne bianche non sono le proprietarie del femminismo e che l’Occidente non è il centro del mondo.

Com’è cambiato il patriarcato in questi anni e come lo definiresti adesso?

La definizione di patriarcato è quella di “sistema di oppressione che privilegia il dominio maschile”. Questa è la definizione da manuale, ma credo che molte persone non ne percepiscano il significato, ed è per questo che nel mio libro chiedo di immaginare una piovra la cui testa è il patriarcato. Ognuno degli otto tentacoli della piovra rappresenta una delle oppressioni che insieme mantengono in vita il patriarcato e il dominio maschile. Quindi un tentacolo è la misoginia, un altro tentacolo è la supremazia bianca o il razzismo, un altro il capitalismo, un altro ancora l’abilismo, l’ageismo, l’omofobia, la transfobia. Tutti questi tentacoli sono forme di oppressione e, a seconda di chi siete e di dove vivete, sarete schiacciati da forse due tentacoli, forse quattro, forse tutti e otto. Il femminismo invece è la distruzione del patriarcato e quindi la distruzione di quella piovra. Ciò significa anche che il femminismo non è solo lotta alla misoginia, perché la piovra ha otto tentacoli, ma anche della supremazia bianca, del capitalismo, dell’abilismo. Ed è qui che entra in gioco l’intersezionalità, no?

Quali sono, secondo te, le lotte femministe di cui abbiamo bisogno oggi?

Penso che dobbiamo abbandonare l’idea che il femminismo riguardi l’uguaglianza. Non basta. Voglio qualcosa di molto più grande dell’uguaglianza. Voglio essere libera. Quando parliamo di uguaglianza, dimentichiamo che il patriarcato danneggia anche molti uomini. Il patriarcato, in realtà, avvantaggia pochissime persone: uomini bianchi, cis, etero, ricchi, conservatori e abili. A parte questo, immaginate tutti i tentacoli e quante persone stanno stringendo in questo momento. Non voglio essere uguale a qualcuno che non è libero. Una donna della classe operaia, anche se è bianca, non è libera. Un uomo nero in una società razzista non è libero. Una persona disabile non è libera. Capite cosa intendo? Voglio qualcosa di molto più grande dell’uguaglianza. Voglio la distruzione del patriarcato per poter essere libera. Penso che questo sia davvero importante da ricordare, e specialmente ora che il fascismo sta crescendo in tutto il mondo e specialmente qui in Italia.
Sono molto preoccupata per il vostro movimento femminista perché la vostra presidente del consiglio è una fascista. E il fatto che sia la prima donna presidente del consiglio in Italia e che sia anche fascista è un disastro. Non voglio una donna qualsiasi in una posizione di potere: voglio una femminista in una posizione di potere, ed è per questo che dico che dobbiamo rendere la definizione di femminismo molto più grande dell’uguaglianza. Voglio una donna femminista che distrugga il patriarcato. Questa è la mia preoccupazione in questo momento: il fascismo sta crescendo, non solo in Italia, negli Stati Uniti, in Ungheria, in molti Paesi del mondo. Mentre guardiamo il fascismo crescere, vedremo che inizierà a prendere di mira il femminismo, le persone queer, l’autodeterminazione dei corpi. Giorgia Meloni, quando si è candidata come presidente del consiglio, ha detto: “Sono una madre. Sono cristiana. Sono italiana”. Guardate come sta incasellando la vostra identità: donna uguale madre, italiana uguale cristiana, cristiana uguale bianca. Ecco perché dico che il patriarcato è una piovra. La gente ora pensa che non sia pericolosa perché una donna bianca e cristiana, ma lei userà la sua posizione per distruggere le conquiste femministe in Italia, proprio come negli Stati Uniti gli estremisti cristiani bianchi stanno distruggendo l’aborto e i diritti delle persone queer.

Ad oggi i movimenti femministi si trovano ad affrontare problemi diversi nelle diverse parti del mondo. Come si fa a mantenere l’energia e il focus sulla distruzione del patriarcato ora che questo è così forte?

Mi fanno sempre questa domanda: è difficile, vero? Ci sono molte cose da combattere. Questa piovra è feroce e la gente dimentica che il patriarcato è ovunque. Quando si parla di patriarcato, le persone immaginano che sia Donald Trump. È un uomo solo e noi lo distruggiamo. È fatta. La gente non capisce che è come chiedere a un pesce cos’è l’acqua. Un pesce non capirà mai perché l’acqua è tutto. Questo è il patriarcato: è come l’ossigeno, è l’aria che respiriamo. La gente non lo vede perché è cultura, religione, tradizione, è ovunque. Serve energia per combatterlo perciò penso che la cosa migliore sia trovare cose che ci sostengano, che ci nutrano, e che ci diano forza. Qualunque cosa sia. In diversi momenti della mia vita sono state cose diverse. In questo momento sollevo pesi. Mi piace diventare forte. È un lavoro molto duro, ma mi aiuta a concentrarmi perché è qualcosa che mi nutre e che mi dà forza. È come una terapia, ma con i pesi. Quindi penso che sia davvero importante per noi femministe trovare qualcosa che ci faccia questo effetto, che ci aiuti a prenderci cura di noi stesse e delle nostre sorelle, che ci aiuti a mantenere la nostra energia, perché se operiamo sempre a questo livello, ci bruceremo. Dico sempre alle persone che ogni mattina mi sveglio convinta che oggi è il giorno in cui distruggerò il patriarcato e ogni sera vado a dormire sapendo che il patriarcato continuerà probabilmente anche dopo la mia morte. Vivo tra queste due consapevolezze, la mattina e la notte. È la mia rivoluzione.

Il tuo libro si intitola “Sette peccati necessari”. Peccato è un termine piuttosto specifico: perché hai scelto proprio questo?

Prima di tutto, ovviamente sto usando i sette peccati capitali del cristianesimo e sto dicendo che questo libro è la mia bibbia, è il mio manifesto, è la mia scrittura. Le mie scritture femministe: perché sto sovvertendo l’idea di scrittura e ortodossia. Sto usando la parola peccato anche come forma di sovversione, perché tutti i peccati che includo nel libro sono cose che non dovremmo fare o voler essere. Non dovremmo essere violente, non dovremmo voler essere potenti, non dovremmo volere attenzione. Io invece voglio tutti questi peccati. Festeggio il fatto di volere questi peccati perché li sto usando in modo sovversivo.

 

Sette peccati necessari
di Mona Eltahawy, Le plurali, 2022
Un manifesto potente e dissacrante, in cui Mona Eltahawy ci mostra, con un approccio intersezionale, come il patriarcato si serva di diversi livelli di oppressione per mantenere il suo controllo e come, nel mondo, le donne lo sfidino ogni giorno. Rabbia, attenzione, volgarità, ambizione, potere, violenza, lussuria: questo è ciò che ci insegnano a non fare, per tenerci sottomesse e impaurite, obbedienti e grate. Sono i sette peccati della religione del patriarcato, solo rivendicandoli possiamo davvero innescare una rivoluzione, nelle nostre vite private e nelle società in cui viviamo.

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