La patria e nuovi modi di vivere: la più importante sfida culturale dei nostri tempi*

di YUSUAM PALACIOS ORTEGA

l corso della storia è stata imposta in tutto il mondo una tesi dai modelli di dominazione egemonica; una tesi colonizzatrice e spietata che disdegna la cultura e l’identità dei nostri popoli; sì, dei nostri popoli americani – seguendo la visione di Martí – compresi tra il Rio Bravo e la Patagonia. È la tesi del dominatore, di colui che è portatore di un sistema di interessi e di abitudini estremamente dannose che impone sia attraverso la forza (non dimentichiamo la strage che la conquista e la colonizzazione rappresentano) sia per mezzo di meccanismi permeati di sottigliezze subdole e depredatrici. (…)
L’egemonia del capitalismo, mano potente e criminale dell’imperialismo, soffoca i più deboli, i senzatetto, gli umili, i poveri della Terra. L’imposizione di un sistema di valori (anti-valori dal nostro punto di vista) è caratteristica degli esponenti della colonizzazione delle menti. E questa colonizzazione è il risultato di una guerra culturale esecrabile; l’arma principale utilizzata per distruggere i popoli, alienare le persone, trasformarle in esseri senza pensiero critico, in schiavi.
Frammentare le identità dei popoli, seminare l’oblio, banalizzare la vita umana: tutto questo è parte di quella guerra feroce ed egemonica chiamata capitalismo. Affrontarlo e vincerlo è la più grande sfida dei nostri tempi.
Come abbiamo espresso in più di un’occasione, è necessario creare una nuova egemonia, lottare contro i valori alienanti del capitalismo, difendere la nostra cultura e la nostra identità (…): di fronte all’imposizione dell’egoismo, alziamo la bandiera dell’umanesimo; di fronte all’esaltazione della materia, posizioniamo i valori che ci rendono persone migliori, che elevano la nostra condizione umana; dinanzi alle pratiche devastanti dell’attuale cultura, seminiamo idee e consapevolezza. (…)
Non c’è scusa migliore per praticare un po’ di filosofia, per sedersi e meditare su ciò che siamo e desideriamo essere o, semplicemente, per esercitare il pensiero, mezzo di celebrazione della nostra cultura. Per la nostra patria e per nuovi modelli di vita fermiamoci a pensare su come rendere migliore il nostro Paese, come salvaguardare il tessuto spirituale della nazione, come continuare ad avallare la nostra cultura quale base e culmine di un processo di formazione integrativa di cittadini, uomini e donne, che pensano con la propria testa, che sentono con il proprio cuore, che agiscono mossi da grandi sentimenti e li elevano al di sopra della comunanza della natura umana, che combattono risolutamente per ottenere ogni giustizia, che fanno parte di un continuo atto di creazione in quest’epoca particolarmente drammatica.
Per la nostra patria e per nuovi modelli di vita, è fondamentale lavorare con le idee, coltivare la terra che ci darà i frutti necessari per continuare a costruire il nostro socialismo. La difesa della cultura diventa una sfida centrale se si vuole preservare la libertà raggiunta, se si vuole mantenere viva una rivoluzione che dalla sua genesi è eminentemente culturale. Oggi viene attaccata con crudeltà e perfidia, modi che rispondono a un tipo di guerra non convenzionale tesa a minare le basi più genuine del processo rivoluzionario, ispiratore, epico e di creazione eroica, che costituisce la Rivoluzione Cubana. La prima cosa da salvare, come ha detto Fidel, è la cultura, perché è lo schele
tro del processo di emancipazione che è la Rivoluzione.
Ma per salvare la cultura, per salvarci dall’egemonia capitalista, imperialista e neoliberista, distruttiva per natura, dobbiamo abbandonare completamente il sistema di valori, usi e costumi che questa egemonia presenta, che non hanno nulla a che fare con noi. Assumiamo un’educazione popolare che sia liberatoria, che faccia parte di una strategia decolonizzante. È fondamentale essere originali, uscire dai sentieri battuti, dalle pratiche dogmatiche che minano la capacità creativa delle persone.
E quell’originalità, quella creazione, dovrà continuare ad essere eroica, perché il nemico della Rivoluzione non riposa mai, è ostinatamente aggressivo e minaccioso. Dobbiamo svegliarla dove dorme, ravvivarla dove si sente debole, stimolarla dove brilla di luce propria. La nostra è una cultura di resistenza e anche di creazione, da tempo siamo portatori della tesi di quel dominato che ha saputo affrontare un intero impero con dignità e fermezza nelle sue idee, principi e valori.
Abbiamo un patrimonio culturale costruito sulla lotta per la libertà e che può fare di Cuba un punto di riferimento del patriottismo e un esempio rivoluzionario per l’umanità. Siamo di ceppo spartano, non molliamo, non gettiamo via quello che abbiamo ottenuto con tanto sforzo e sacrificio. C’è un’essenza che ci definisce ed è quella di Calibano contro Prospero, ma allo stesso tempo la nostra cultura emancipatrice, la nostra intellettualità rivoluzionaria, la forza della verità e le idee che sosteniamo, il modello che costruiamo ci dota di una forza affettiva superiore al colonizzatore, al dominatore, che ci odia e ci disprezza.
(…) Vinceremo con la cultura, e non mi riferisco solo a quella artistico-letteraria. La nostra cultura è nella nostra quotidianità in quanto cubani, la stessa in una fermata dell’autobus come uno zuccherificio; la stessa nella scuola come nel quartiere in cui viviamo, diventando il centro culturale più importante di ognuno di noi; è il sistema di valori, usi e costumi che coltiviamo giorno dopo giorno e trasmettiamo alle generazioni future, sulla base dell’opera umana depositata in noi, della salvaguardia della memoria storica.
Senza cultura non c’è libertà possibile, ecco cosa abbiamo imparato da Fidel, e saremo sempre più liberi man mano che diventeremo più consapevoli dei nostri bisogni e lavoriamo per soddisfarli. Coltivate l’intelletto, lo spirito, stili di vita più sani; ci renderà persone migliori, cittadini migliori della Repubblica. Cerchiamo di essere un popolo sempre più istruito ma allo stesso tempo più educato. Ricordiamo Armando Hart quando diceva che dove non c’è cultura lì si cela la strada della barbarie. Siamo educati in modo diverso e in quella diversità dobbiamo coltivarci per raggiungere i livelli di unità che vogliamo e di cui abbiamo bisogno. Una vera cultura emancipatrice, dall’individuo al collettivo (…).
Non c’è momento migliore per diffondere la nostra cultura dell’emancipazione, della resistenza e della vittoria, della decenza e delle buone pratiche; davanti al gigante imperialista e davanti a chi, facendo il suo sporco gioco, dimentica che ci sono cose sacre da difendere, come l’anima della Nazione, come la condizione di essere cubano, come questo popolo gravido di eroismo. Difendere, sì, la nostra cultura è respingere.

Dove non c’è cultura lì si cela la strada della barbarie proposte indegne, annessioniste, che mettono in pericolo l’integrità della nazione, la sovranità, la libertà che è costata tanto sangue. Non dimentichiamo cosa ha significato per Martí la Patria: “(…) Patria è una comunità di interessi, un’unità di tradizioni, un’unità di fini, una dolcissima e consolante fusione di amori e speranze”.** Questa è l’espressione più genuina della cultura cubana.

 

* Questo articolo stato tratto dalla rivista culturale cubana “La Jiribilla”, cosultabile al link: http://www.lajiribilla.cu/patria-y-vivir-nuevos-desafioeminentemente-cultural-enla-hora-que-vivimos/
** José Martí, “La República Española ante la Revolución Cubana”, in Obras Completas, Tomo 1, p.94.

 

Photo: Denisse Alejo Rojo

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