BOSSY. L’INFLUENCER E ATTIVISTA CHE HA PORTATO IL FEMMINISMO SUL WEB

IRENE FACHERIS

di GIULIA TORLONE

” Dobbiamo puntare tutte le fiches sulle giovani donne”

“Il personale è politico” recitava uno degli slogan storici del movimento femminista degli anni Settanta, e mai come in questo caso è così azzeccato ritirarlo fuori. Perché l’attivismo di Irene Facheris, formatrice e divulgatrice sui temi della parità, è un’attitudine che si è fatta strada sin da quando era bambina. “Mi ricordo perfettamente la scena: io e una mia compagna eravamo in giardino, durante l’intervallo scolastico, quando un ragazzino ha iniziato a prendere in giro la mia amica. Mi sono parata davanti alla sua faccia e gli ho detto di prendersela con me, piuttosto che con una bimba minuta come la mia compagna. Ho preso un bel pugno in faccia, ma da quel giorno ho continuato a non sottrarmi mai dal prendere posizione davanti alle ingiustizie” racconta. Da quel pugno, Irene ne ha fatta di strada. Se da bambina alla classica domanda “cosa vuoi fare da grande?” rispondeva sicura che il suo futuro fosse con un camice da dottoressa, ha presto capito che aiutare gli altri voleva dire anche divulgare in modo appropriato i temi dell’uguaglianza, come quella di genere. “All’università l’impatto con il corso di psicologia delle differenze e delle disuguaglianze mi ha dato la chiave di lettura su tanti episodi che mi erano capitati negli anni e a cui non avevo dato un nome. Ho messo a fuoco la mia pulsione a scendere in campo quando c’è da combattere per i diritti, unendola ai miei studi. I social hanno fatto il resto”. Sul web, con il suo account Instagram Cmdrp, è seguita da migliaia di persone con cui, dall’inizio della pandemia Covid, ha condiviso delle dirette settimanali che fanno parte del progetto “Palinsesto Femminista”. Dei live dove Facheris discute con donne, uomini e persone non binarie di femminismo e di come ci si possa avvicinare a questo tema. Un progetto che è nato come risposta a tutte quelle persone che le dicevano di stare zitta.

Di femminismo, in Italia, si parla da poco: fino a qualche anno fa veniva considerato un movimento da libri di storia, superato dal tempo e dai fatti. Oggi, invece, siamo nel pieno di un’esplosione di consapevolezza da parte di giovani donne che attraverso i social network affrontano tematiche come il gender gap e l’empowerment femminile. Irene è stata una delle prime a riconoscere le potenzialità del web. “Quando nel 2014 ho fondato Bossy, un’associazione che si occupa di parità, di femminismo in Italia non si parlava. Venivamo guardati come se fossimo alieni. Lo stesso è accaduto quando nel 2016 ho iniziato il progetto “Parità in pillole” su Youtube, che ha avuto un grande seguito. È questo che mi ha portato a essere vista come una delle voci italiane del femminismo: perché ho messo questi temi online, quando non lo faceva nessuno. Non sono l’unica, né sono stata la prima, ma fino a poco fa il tema non era presente sul web. Questo ha permesso a chi lo faceva da tempo di avere maggior pubblico grazie all’online e ha dimostrato ai più giovani che di donne e diritti se ne può parlare”.

Se, dall’essere di nicchia, il femminismo sta diventando mainstream, vuol dire anche correre il rischio che venga banalizzato e semplificato dalla facilità con cui i social network danno voce a una platea sempre maggiore. “Il fatto che ora sia un tema pubblico ha anche un risvolto della medaglia: ne parla chiunque, anche chi non ha idea di cosa sia. Però preferisco che il femminismo sia sul tavolo e poi rivedere il tiro, piuttosto che continuare a trattarlo alla stregua della fisica quantistica”. Essere diventata un punto di riferimento per tanti, vuol dire anche avere la responsabilità di essere sempre e costantemente perfomativa, continuamente sul pezzo e, soprattutto, non sbagliare mai. Da questo punto di vista i social network da grande opportunità, possono diventare una trappola e Irene lo ha vissuto sulla sua pelle.

“L’immagine social è qualcosa che ho vissuto molto male, ne porto i segni a livello psicologico e ho dovuto mollare un po’ la presa. Ho ricordato a me stessa che sono una persona, anche femminista, ma comunque e prima di tutto una persona. All’inizio del mio percorso, quando ho capito che fare un post su un tema caldo mi faceva ottenere sempre più seguito, sono entrata nella spirale dei numeri. A un certo punto mi sono fermata e mi sono chiesta: ‘Sto lavorando per far crescere il mio seguito su Instagram o per aiutare le persone?’ La risposta è stata: ‘Io voglio essere utile, non voglio essere famosa’. Quella roba lì mi ha intossicato per tanto tempo e adesso cerco di evitarlo non dicendo la mia ogni volta, ma parlando quando sento di poter aggiungere davvero qualcosa in più al dibattito”. Da donna esposta sui media, Irene ha dovuto anche scontrarsi sull’aspettativa sempre maggiore che il pubblico ha, l’idea che non ci si possa permettere di fare errori.

“Non ce la faccio più all’idea di dover essere perfetta sempre. Alla pressione dei follower che davanti a una donna femminista pensano che non possa cadere nell’errore o fare una stronzata. Sui social non c’è spazio per il fallimento e la responsabilità è anche dei media tradizionali che non fanno mai un passo indietro scusandosi quando, ancora oggi, utilizzano hate speech”. Il tema delle aspettative da dover raggiungere a tutti i costi è prettamente femminile e la ragione, secondo Facheris, è piuttosto semplice: gli uomini hanno il privilegio di poter essere mediocri. Le donne no! Perché ogni cosa che fanno viene valutata meno di un uomo, quindi per raggiungere lo stesso livello devono fare molto di più. Vuol dire essere presenti, perfette, multitasking. Non è concesso di essere nella media, per questo finiscono per essere molto più brave degli uomini. Eppure, Irene è abituata a fare un passo di lato, anche per via del suo attivismo da femminista intersezionale, quel femminismo cioè che tiene conto delle diverse oppressioni della società.

Per questo nel progetto “Equalitalk”, un podcast in cui ospita diverse co-conduttrici, lascia che siano altre ad offrire agli ascoltatori il proprio punto di vista e la propria esperienza di discriminazioni. “L’idea che abbia una co-conduttrice diversa e che affronti un tema differente ha a che fare con la parità. La prima puntata l’ho fatta con la rapper Mc Nill, abbiamo parlato di comunità Lgbtqia+, questa volta sono con Bellamy per parlare di razzismo. Da femminista intersezionale è naturale guardare la mappa delle discriminazioni e chiedermi cosa possa fare. Soprattutto per quelle che non mi riguardano, che sono praticamente tutte. Al netto del fatto che sono una donna, quindi subisco sessismo, per il resto sono eterosessuale, cisgender, ho un corpo conforme, sono bianca e borghese.

Come posso, quindi, aiutare tutte le donne che non rientrano nello standard e che quindi vengono discriminate? Facendole ascoltare da chi mi segue”. Il percorso verso la parità di genere, in Italia, è ancora lungo e la politica non sembra ancora essere preparata a un cambio di paradigma al potere. Siamo ancora lontani dagli standard del Nord Europa e mai come in questo momento sembra crescere il divario tra chi è dentro e chi è fuori dal Palazzo. Se la battaglia da fare è ancora lunga, Irene Facheris sottolinea l’importanza di restare compatti senza cedere ai piccoli risentimenti dei singoli. “Nel mondo dell’attivismo femminile stiamo assistendo a scissioni in piccoli gruppi, presi da faide interne.

Un errore madornale se pensiamo a quanto, da fuori, già tentano in ogni modo di delegittimarci. I problemi italiani sono enormi, non possiamo e non dobbiamo dividerci e farci la guerra su ogni singolo dettaglio”. Se la politica italiana resta arroccata su posizioni e privilegi acquisiti, è dalle nuove generazioni che si aprono nuove prospettive. Le ventenni di oggi sono più consapevoli dei loro diritti, hanno il coraggio di ribellarsi ai canoni di bellezza imposti, denunciano le disparità e, soprattutto, hanno riscoperto il valore della sorellanza. “Le ragazze fanno gioco di squadra, molto più di noi trentenni o quarantenni che siamo ancora galvanizzate intorno all’idea del protagonismo del singolo”. Il futuro è delle giovani donne, è lì che bisogna puntare tutte le fiches.

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